povertàDi Nicola Salvagnin
Mentre a Roma ci si gingilla con una politica molto attenta al proprio ombelico, Sagunto fa un altro buco nella cinghia, scriverebbe un novello Tito Livio dopo aver appreso dall’Istat che il numero dei poveri (intesi: quelli che realmente faticano a campare) è raddoppiato in questi anni di recessione. Più che la percentuale, a spaventare è la quantità: quasi cinque milioni di italiani, un esercito.
Sono passati oltre duemila anni ma a quanto pare nei palazzi del potere italico non è mai passato di moda il parlare piuttosto che fare. Stiamo fatalisticamente attendendo che qualcuno o qualcosa ci tiri fuori da queste sabbie mobili che, giorno dopo giorno, ci stanno trascinando in giù. Chessò: uno spread benigno, soldi europei, il traino tedesco, l’Expò che strabilia e rinvigorisce… Ma se ci penserà lo stellone tricolore a far finire una buona volta la crisi più lunga e pesante dal Dopoguerra, perché mai dovremmo seriamente occuparci di quelle centinaia di migliaia di pensionati che sono passati da una dignitosa esistenza, al bisogno di bussare alle porte di una mensa pubblica? Perché interessarci di quelle famiglie monoreddito che hanno appunto visto quel reddito sparire o ridursi?
Perché poi guardare verso quel Mezzogiorno che sta diventando l’area più povera dell’Europa occidentale, dove un milione e mezzo di persone ha fatto le valigie per cercare fortuna e pane altrove in questi ultimi anni? Un Sud dove l’unico settore produttivo in crescita nel 2012 è stato l’agricoltura, ma solo perché l’annata è andata bene e altre volte no?
Pazienza, sai che scenografici sono i paeselli appenninici spopolati quando c’è da girarci qualche bel film! Ma il sarcasmo non ci salva né dall’obbligo di cambiare il futuro prossimo, né dall’assoluta necessità di far fronte al più agghiacciante tra i dati forniti dall’Istat: di quei 4,8 milioni di italiani poveri, un milione è composto da minori. Cioè il nostro futuro, a cui stiamo negando fin da ora un futuro.
Non facciamo del “meridionalismo”, ma semplicemente constatiamo che nessuno riesce a tirarsi fuori dalle sabbie mobili se ha una pesante zavorra a bloccargli le gambe. Ed è dimostrato che è più intelligente liberarsi dalla zavorra, che amputarsi le gambe.
L’Istat fotografa, certifica quel che già le Caritas sparse sul territorio segnalano da tempo: la crisi è drammatica, la richiesta d’aiuto è in continua crescita, in quei 4,8 milioni di italiani ve ne sono molti che hanno addirittura problemi alimentari. Basta parlare con i sindaci che, mentre si vedono costantemente decurtate le risorse finanziarie, devono far fronte alle sempre più impellenti richieste di aiuto da parte di singoli o famiglie che non ce la fanno più a pagare le bollette, la spesa, l’affitto o la rata del mutuo. Italiani che hanno sfondato il muro di quella vergogna che ti impedisce di chiedere una mano finché ce la fai.
Poi non ce la fai più, e non hai nemmeno la forza di urlare che Sagunto brucia. Lo facciamo noi, forse prima o poi Roma ascolterà e farà qualcosa di più valido di qualche giro di cacciavite o di qualche convegno sul tema: poveri oggi, che fare?

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