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CRONACA – Meglio tardi che mai. Mai come questa volta il detto fu più azzeccato. Sono trascorsi ben trentatré anni dalla stage di Ustica ma oggi, finalmente, piena luce è stata fatta. Nessuna bomba a bordo, nessun guasto tecnico, nessun atto terroristico, ma un missile diretto ad un altro aereo. La tesi dell’abbattimento del DC9 dell’Itavia sui celi della piccola isola era ormai accreditata da tempo nelle ricostruzioni nazional popolari, ma ora è diventata anche una verità processuale.

La Corte di Cassazione, infatti, ha depositato oggi le ragioni della sentenza che ha sancito il doversi ripetere il processo d’appello dove si sentenziò che nessun risarcimento era dovuto ai proprietari della piccola compagnia aerea. Ad essere accolta la richiesta degli eredi di Aldo Davanzali il quale vide fallire l’Itavia e con essa il suo personale sogno, dopo appena sei mesi dal disastro. Ora i figli potranno avanzare una richiesta di risarcimento ai ministeri della Difesa e a quello dei Trasporti per i vari depistaggio che si sono susseguiti nelle indagini e che hanno allontanato gli inquirenti dalla verità.

È stato, quindi, appurato che la notte del 27 giugno del 1980 a far precipitare l’aereo di linea sia stato un missile e non una bomba a bordo o un guasto tecnico come per tanti anni si è voluto far credere.

Una piccola rivincita per tutti quelli che hanno lottato per la verità. Per i parenti delle vittime che per trentatré anni non hanno saputo come e per mano di chi i loro cari erano deceduti. Ma è anche una vittoria di tutti perché bella o brutta che sia la verità deve sempre venire a galla. Ora si spera che tanti altri “misteri italiani” trovino una definitiva spiegazione che possa far riposare in pace i morti.

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