Di Elisa Paolini

Noi Cristiani, chiamati ad essere poveri sull’esempio di San Francesco d’Assisi.
Tra le varie emozioni provate in 23 anni di vita quella di venerdì scorso, 4 Ottobre, si ascrive senz’altro tra le più forti.

Proprio nel giorno della festa del Patrono d’Italia, San Francesco, il nostro omonimo Papa ha compiuto una visita pastorale nella bellissima Assisi, pellegrinaggio durato ben 12 ore.

Tra i luoghi più significativi della città del “Poverello” toccati dalla presenza del Papa citiamo l’Istituto Serafico, in cui ha incontrato i bambini disabili e gli ammalati qui ospitati; la Cripta della Basilica di San Francesco per la venerazione della tomba del Santo, nella cui piazza inferiore ha poi celebrato alle 11 la Santa Messa alla presenza di personalità quali il Primo Ministro Letta ed il Presidente del Senato Grasso; la Cattedrale di San Ruffino, in cui si è tenuto il discorso rivolto al Clero, alle Persone di Vita Consacrata e ai Membri dei Consigli Pastorali della Diocesi; ed infine la Porziuncola, piccola chiesa riparata da San Francesco dopo la sua vocazione, situata nella Basilica di Santa Maria degli Angeli.

Nel pomeriggio, proprio nel piazzale antistante, si è svolto quello che è stato indubbiamente il momento più toccante: l’incontro con i giovani dell’Umbria, circa 40.000 giovani pieni di entusiasmo che hanno reso l’atmosfera indimenticabile, accogliendo Papa Francesco con canti, cori e parole d’affetto.

Qui il Santo Padre ha trasmesso quella carica che lo contraddistingue ad una gioventù che tramite alcune domande ha espresso i propri dubbi sulla società, sul presente e su un futuro che si prospetta sempre più incerto, invitando noi tutti a “spogliarci di ciò che non è essenziale in modo tale da non diventare dei semplici cristiani di pasticceria”.

Sicuramente parole che hanno penetrato i cuori sono state quelle volte a criticare quella che il Papa ha denominato la “cultura del provvisorio” che rende precari i rapporti interpersonali, i matrimoni e le vocazioni, ricordando che Gesù si è sacrificato per noi sulla croce “definitivamente” e non “provvisoriamente”.

Un passaggio non trascurabile, in quello che è stato da lui definito “il giorno del pianto”, è stato il pensiero commosso rivolto alle vittime del naufragio di Lampedusa e a tutte quelle persone che “devono fuggire cercando la libertà”.

Altro aspetto che ha colpito nel profondo è stata l’umiltà e la disponibilità dimostrate da Papa Francesco, il quale non ha esitato a dispensare ai fedeli saluti e a donare abbracci e parole, piccoli gesti capaci però di infondere gioia e speranza, avendo sempre presente che mediante la fede anche le notti più buie possono contenere le migliori albe.

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