DCDi Angelo Paoluzzi
Sotto il segno di San Giuseppe, settanta anni fa. La partecipazione attiva dei cattolici alla vita politica italiana trovò un primo coagulo a Roma il 19 marzo 1943, in casa di Giuseppe Spataro, dove, per festeggiarne l’onomastico – un pretesto per depistare la polizia del regime – , si trovarono alcuni esponenti della futura Democrazia Cristiana. Spataro aveva tenuto le fila dei contatti fra i vecchi popolari costretti dal fascismo al silenzio, coltivando anche rapporti con rappresentanti del mondo ecclesiale, come il sostituto alla Segreteria di Stato monsignor Giovanni Battista Montini, i dirigenti della Fuci, dei Laureati cattolici, dell’Azione Cattolica.
Quel giorno del ‘43 fu discusso un documento (il principale estensore ne era Alcide De Gasperi), “Linee di ricostruzione”, che diventerà poi “Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”. Quel testo fu fatto diffondere dallo stesso Spataro, all’indomani del 25 luglio, aiutato da Enrico Falck che a Milano ne curò la stampa di un milione di copie.
Non si trattò di una iniziativa improvvisata e solitaria. Fra i cattolici da tempo – le leggi razziali del ‘38 avevano alienato al regime molte simpatie e la guerra non aveva migliorato le cose – fermentava l’esigenza di un coordinamento con lo sguardo rivolto a un avvenire senza il fascismo. I contatti si moltiplicavano, anche se mancava fra i vecchi popolari una struttura politica unitaria, a differenza di comunisti, socialisti e azionisti. Ma, quasi per germinazione spontanea, dal 1941, più marcatamente nel 1942 e con crescente consapevolezza nel 1943, fiorivano le iniziative, anche sulla scia del radiomessaggio del Natale precedente di Pio XII, un’esortazione verso la pace e la legalità, intesa come un invito all’azione.
Era maturata, in quegli anni, la coscienza politica di una futura classe dirigente. Si era concretata, nel 1942 a Milano, in incontri in casa di Edoardo Clerici cui avevano partecipato Piero Malvestiti, esponente con Clerici dei cosiddetti “neoguelfi”, Enrico Falck e Vittorio Giro, che in seguito erano andati da De Gasperi a Sella di Valsugana. A Torino Giuseppe Rapelli e Giovanni Gronchi contattavano ex sindacalisti “bianchi” ed esponenti della sinistra del Partito popolare italiano. A Roma, colloqui fra neoguelfi, ex popolari e cristiano-sociali (protagonisti Guido Gonella, Mario Scelba e, naturalmente, De Gasperi), mentre a Genova Paolo Emilio Taviani animava un gruppo di intellettuali di ispirazione cristiana.
E ancora, in Toscana, attorno ai cristiano-sociali di Gerardo Bruni svolgeva opera di testimonianza e di pensiero don Roberto Angeli, da anni anticipatore della necessità di una presenza dei cattolici in politica, attivo nella Resistenza, arrestato e deportato in un Lager. In Emilia Giuseppe Dossetti elaborava in piena lotta clandestina idee largamente penetrate, in seguito, nella Democrazia Cristiana, a partire dalla famosa “lettera ai parroci” che chiariva il senso “progressista” da imprimere alla Dc, rifiutando schematismi sociologici e lotte di classe. A Napoli la coppia Angelo Raffaele Jervolino-Maria De Unterrichter, in contatto con l’ex popolare Giulio Rodinò e l’economista Pasquale Saraceno, elaborava le future linee di una politica meridionalistica.
A dare spessore ideologico alla costituenda formazione contribuirà l’incontro di Camaldoli, dal 19 al 23 luglio 1943. Dopo il congresso dei Laureati cattolici, in gennaio, un comitato ristretto fu convocato per impostare un “codice” che, sulla base della dottrina sociale della Chiesa, affrontasse i problemi della società e dello Stato in modo di uscire – si scrisse – “da un passato pieno di ingiustizia ed errori”. In una visione cristiana del mondo furono individuati, nel “Codice di Camaldoli”, 76 punti su temi quali la concezione personalistica della comunità nazionale, la sollecitazione verso l’economia mista, la tutela della famiglia, la vita internazionale basata sulla pace e la giustizia. Se ne trovano notevoli tracce nella Costituzione; ma l’importanza di Camaldoli consiste essenzialmente nel patrimonio di un sentire comune e nello scambio di idee e di esperienze fra protagonisti, in seguito, della vita nazionale.
Gli avvenimenti seguiti all’8 settembre 1943 non interromperanno la trama dei rapporti: la partecipazione dei cattolici alla Resistenza si concretò nel rischio della vita quotidiana, con un impegno che non ha visto attendismi, legittimando la successiva presenza nella ricostruzione del Paese. Una pagina di storia che merita di essere ricordata.

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