Tav
Di Ettore De Faveri direttore “La Valsusa” (Susa)
“La Valsusa”, settimanale cattolico di Susa, oggi in edicola, ospita, a pagamento, una pagina sottoscritta da ben 2.347 cittadini che chiedono l’allontanamento delle Forze dell’ordine speciali dal cantiere di Chiomonte, quello, tanto per intenderci, della Tav Lione-Torino. Questo il testo del loro intervento: “Come cittadini di Susa e della Valle, riteniamo del tutto sbagliato e pericoloso rispondere al dissenso contro il Tav facendo intervenire la forza pubblica. Il problema del Tav va affrontato con l’analisi obiettiva dei dati tecnici e con il confronto tra le parti. La militarizzazione del territorio, umiliante e vergognosa per tutti i cittadini, non farà altro che trasformare Susa e la Valle in un deserto, allontanando ogni possibile forma di riscatto economico e culturale. Pertanto, chiediamo l’immediato allontanamento delle Forze dell’ordine speciali che, in numero sempre crescente, sono presenti fin dal 2011 sul nostro territorio, senza che esse rappresentino alcun valore aggiunto, a favore della sicurezza dei cittadini”.
A questo appello risponde, sempre oggi in prima pagina, il vescovo di Susa, monsignor Alfonso Badini Confalonieri, che dice: “Ho letto l’annuncio pubblicitario di 2.347 persone del movimento No Tav della Valle di Susa che chiedono che le Forze dell’ordine lascino la valle e ho cercato di comprendere come costoro desiderino una Valle in cui si viva serenamente e senza tensioni. Penso che quasi tutti gli abitanti della Valle di Susa abbiano questo desiderio, ma mi sono chiesto perché questi che hanno firmato l’annuncio siano così infastiditi dalla presenza delle Forze dell’ordine. Come dice il nome stesso ‘Forze dell’ordine’ queste persone, al servizio dello Stato, sono preposte a tenere l’ordine nella comunità vigilando che nessuna persona agisca contro la libertà e la democrazia in cui tutti gli Italiani hanno diritto di vivere. Se qualcuno non ha in mente di agire violentemente o prepotentemente contro altre persone non dovrebbe aver timore della presenza in Valle delle ‘Forze dell’ordine’. È evidente che in questo momento in cui si sono verificati atti d’intimidazione e incendi di cose di privati cittadini è importante che chi è preposto all’ordine pubblico sia particolarmente vigilante e garantisca i diritti democratici, impedendo o contrastando qualsiasi atto criminale. La democrazia non deve essere messa in pericolo essendo un bene troppo grande che l’Italia si è procurato con il sangue di tante persone decedute nell’ultima guerra mondiale. Se vogliamo la pace nel nostro territorio, tutti devono collaborare a sanare le divisioni e a comprendere le posizioni altrui, ascoltando gli altri e rispettando chi la pensa diversamente”.
Ma perché ben 2.347 cittadini hanno sottoscritto questo appello? A fine agosto, sempre su “La Valsusa” era stata ospitata una lettera aperta così titolata: “Benvenute le Forze dell’ordine a Susa”, lettera firmata da 512 persone. La lettera segnalava i fatti dell’estate: “In questo periodo estivo Susa è stata ripetutamente disturbata da un folto gruppo di persone che manifesta con slogan e striscioni. Il motivo della contestazione è riscontrabile nella non condivisione dell’insediamento in Città di un qualificato gruppo di carabinieri a supporto della Compagnia locale. Essi per noi rappresentano lo Stato e l’ordine pubblico e, dunque, siano i ben venuti”.
I 512 cittadini chiedevano, però, che la lettera fosse pubblicata senza le loro firme.
E questo già dice quale clima c’è oggi in Valle di Susa. Un territorio spaccato, tra Sì e No, dove però i Sì temono la violenza dei No.
Anche se a una lettura obiettiva di quei 2.347 nomi (in Val Susa per fortuna ci si conosce ancora tutti), è più che evidente che molti di loro non farebbero male a una mosca.
Patiscono, però, questa massiccia presenza di Forze dell’ordine in Valle. La militarizzazione di casa loro. Ancora recentemente sono arrivati 200 alpini della Taurinense e se le cose non cambiano, quanti ce ne vorranno quando si aprirà il grande cantiere di Susa? In un clima del genere le parole del vescovo di Susa (“Se vogliamo la pace nel nostro territorio, tutti devono collaborare a sanare le divisioni e a comprendere le posizioni altrui, ascoltando gli altri e rispettando chi la pensa diversamente”) sono la strada maestra per evitare che la questione Tav diventi un pericolo pubblico.

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