MerkelDi Gianni Borsa

Sono ovviamente gli elettori tedeschi a recarsi alle urne, domenica 22 settembre, per rinnovare la composizione della camera bassa del parlamento federale, il Bundestag. Ma gli occhi puntati sul “gigante modesto”, sul “motore d’Europa”, sono quelli dei cittadini europei e di tanti leader mondiali. “Senza la Germania non si muove niente in Europa”, ha scritto Stefan Kornelius sulla “Süddeutsche Zeitung”. C’è un pizzico di esagerazione nelle parole del capo della redazione esteri del quotidiano liberal bavarese, eppure oggi la Germania è percepita così, come il maggior azionista non solo dell’economia (e i dati parlano chiaro), ma anche della politica del Vecchio continente.
Per questa ragione l’esito del voto tedesco supera i confini del Paese e si riverbera sull’Unione europea e, con essa, sul mondo intero. Eppure non sembra essere questa l’unica – e nemmeno la principale – chiave di lettura dell’elezione del Bundestag. In realtà alle urne si è giunti con più di un’Incertezza: l’incognita della crisi che, pur contrastata con vigore, ha lasciato i suoi segni anche in Germania; l’avanzare del populismo e dell’euroscetticismo; il “canto delle sirene” del partito anti-euro Alternativa per la Germania (Afd); le debolezze dei liberali (Fdp), attualmente alleati al governo dei cristiano democratici (Cdu-Csu), che rischiano di non superare lo sbarramento del 5% rimanendo in tal caso esclusi dal parlamento; le stesse gelosie e divisioni interne democristiane; il mancata recupero dei socialdemocratici (Spd), tale da costituire realmente una possibile alternativa ai moderati della Cdu.
C’è invece una certezza che svetta sull’intera nazione tedesca: la solidità della figura della cancelliera uscente Angela Merkel, democristiana sui generis, donna risoluta, politica preparata, magari un po’ noiosa e scontata ma sempre ferma nel reggere il timone del Paese. È la “graniticità” della Merkel che l’ha condotta in pole position alle elezioni e che quasi certamente la rimetterà alla testa del governo, per la terza volta, dovendo solo decidere se riformare un’alleanza moderata oppure puntare, come già aveva fatto nel 2005, su una Grosse Koalition con la Spd, cioè il governo delle “larghe intese” in salsa tedesca.
L’unicità della Merkel sta inoltre nel fatto che è rimasta l’unico leader politico europeo in sella, in tempi di crisi, per due interi mandati consecutivi, prenotandosi per il terzo. Nel frattempo “Angie” ha visto decadere illustri colleghi non meno blasonati (in Gran Bretagna, Francia, Italia, Spagna, Polonia…), mentre lei si accollava il compito di salvare l’area euro dal tracollo, imponendo all’Europa una cura “lacrime e sangue” fatta di rigore, tagli e proposte per il rilancio post-recessione. La stessa ricetta che, peraltro, proprio in Germania sembra dare esiti positivi: e i tedeschi se ne sono accorti.
Qual è dunque – viene da domandarsi – il segreto della Merkel? Perché gli elettori del suo Paese non le girano le spalle, come fanno, puntualmente, i cittadini europei verso gli altri leader nazionali ogni volta che si torna ai seggi? Ciò che sembra apparire come essenziale nella politica oggi, come valore aggiunto che rassicura i cittadini – nonostante le turbolenze dei mercati, il risorgere dei nazionalismi e dei localismi, le campagne elettorali urlate o l’influenza pervasiva del web – è proprio la stabilità. La cancelliera tedesca ha certo commesso vari errori nei suoi 8 anni al governo, spesso ha dato l’impressione di muoversi a tentoni, eppure ha impersonato la solidità del suo popolo e del Paese. La stabilità politica ha consentito di contrastare la disoccupazione, di restituire fiducia alle imprese e alle famiglie, di dar corso a riforme economiche e sociali di lungo periodo, di attirare gli investimenti stranieri.
La Merkel non ha probabilmente lasciato il segno se si considerano altri versanti del vivere civile, a partire dalle questioni etiche oppure quelle ambientali. Eppure ha permesso alla Germania di contrastare gli effetti dello tsunami finanziario giunto dall’America cinque anni or sono, con la conseguenza complessiva di tenere unito il Paese, facendo rialzare la testa alla Germania e indirizzandola verso obiettivi concreti e condivisi. Il che, di questi tempi, è già un grande risultato.
La Merkel, comunque esca dal voto del 22 settembre, resterà nella storia della Germania. Forse non siederà tra gli scranni degli statisti, ma certo ha un posto assicurato fra i protagonisti di questa strana epoca.

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