DIOCESI – Don Antonio Loffredo e i suoi ragazzi della Sanità, quartiere storico di Napoli, sono stati i protagonisti del primo momento formativo diocesano proposto a tutte le realtà parrocchiali e ecclesiali, e ai presbiteri per la prima tappa della programmazione pastorale avviata dalla diocesi.
Sia l’incontro formativo di mercoledì 11 sera, che il ritiro del clero il giorno seguente, si sono svolti alle Concezioniste.
La partecipazione è stata ampia, molti giovani e adulti da diverse parrocchie e realtà hanno ascoltato con interesse don Antonio. Ha rianimato la speranza raccontando la sua esperienza particolare in un Rione peculiare e difficile come quello della Sanità per dire che se tutto ciò è possibile lì, lo è ovunque. Il cambiamento è sempre possibile se lo si vuole, ma spesso si ha paura, è quello che ha ribadito anche al clero.

Anche il vescovo Gervasio, che ha introdotto la prima serata richiamando a cosa non è la speranza: che non è soltanto una bella parola, non è l’ottimismo, non è il buon umore, non è un sentimento, non viene data dalla scienza ma rimanda alla fede, ha poi ascoltato con attenzione il racconto di don Antonio. È importante il valore della promozione, della narrazione che mette in circolo esperienze significative e hanno il potere di dire che si può fare, riapre alla fiducia, alla speranza, allo stesso tempo alzano l’attenzione su queste realtà. Così don Antonio ha raccontato la Sanità e ciò che è stato realizzato in un libro e lo ha raccontato anche nella nostra diocesi con passione e immediatezza. Ha tratteggiato la storia della nascita delle cooperative e il recupero delle bellezze artistiche del Rione ai turisti e visitatori che hanno creato un circuito lavorativo, economico e il riscatto di un quartiere. Ciò è stato possibile partendo da un’osservazione attenta e paziente della realtà per capire problemi e quindi risorse. È partito dando fiducia ai ragazzi, con la pazienza di accompagnarli, di rispettare i loro tempi e dalle tre T: Talenti, Tolleranza e Tecnologia. Così che luoghi storici maestosi e bellissimi ma abbandonati, la presenza di tanti giovani nel quartiere sono diventati risorse culturali, economiche, sociali. Chiara la scelta di don Antonio per accendere in questi giovani la passione e l’impegno: la bellezza che guarisce e chiama bellezza, la vicinanza, i viaggi, obiettivi chiari. Le iniziative si sono moltiplicate, iniziative culturali, tutto quel mondo che lo Stato non finanzia purtroppo. Infatti don Antonio si è rivolto presentando progetti alle fondazioni e richiamando aiuti privati. Ma in qualsiasi progetto c’è un cofinanziamento da mettere e il loro è un grande capitale umano. Certo le difficoltà non sono mancate, ma non li hanno fermati.

Molte sono state le domande che nella serata sono state rivolte a don Antonio e molti gli spunti per leggere e trovare le bellezza concrete da restaurare nella nostra diocesi, se la speranza ha due figlie: lo sdegno e il coraggio (diceva Sant’Agostino), il vescovo ha aggiunto anche la gioia e la gratitudine. I ragazzi della parrocchia della Sanità questo hanno mostrato con i loro sorrisi e il loro grazie per l’opportunità a loro data attraverso don Antonio.

All’incontro con il clero, ha ribadito come non ci sia più differenza tra sacro e profano perché Dio si è fatto uomo, ma il mondo ha rimesso addosso una paura che il Concilio Vaticano II aveva superato. Ha invitato ad accendere la speranza, che è il compito di un prete, a dare fiducia ai giovani anche se non formati all’ecclesialità, lui infatti è partito con un piccolo gruppo, il metodo antico ma sempre efficace di Gesù, con la concretezza di un fare sapendo anche come preti, che si è di passaggio e perciò organizzare le cose come se si dovesse andare via il giorno dopo, così come occorre liberarsi della mentalità del “ritorno” quando si dà. E ha ribadito che la parrocchia deve essere la “fontana del villaggio”.

L’invito è chiaro per le persone, molte impegnate in parrocchia, che hanno partecipato all’incontro così come per i sacerdoti: ripartire dalle risorse, guardare e studiare, e mettersi in moto accesi e per riaccendere la speranza, con fiducia e dando fiducia. Per una storia che ha il sapore del futuro e una speranza che nessuno può rubare perché è nel Risorto.

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