Mons. Giorgio LinguaEssere Nunzio Apostolico non è facile. Vuol dire essere voce della diplomazia papale e portatore di valori religiosi, ed in questa doppia veste, di conseguenza, essere particolarmente attenti nel muoversi nei diversi ambienti culturali, politici ed economici. Specialmente se si tratta di paesi difficili, in conflitto, dominati da regimi dittatoriali o sprofondati nella povertà, piagati da ricorrenti sciagure o in cui la religione cristiana è minoritaria, come nel caso dell’Iraq, “liberato” da un tiranno ma non ancora “libero” e soprattutto ancora lontano da qualsiasi parvenza di normalità. In un ambiente così difficile il Nunzio Apostolico deve raddoppiare la prudenza che il suo ruolo diplomatico già gli impone ed è quello che monsignor Giorgio Lingua, nunzio in Iraq ed in Giordania, fa dal giorno del suo arrivo a Baghdad nel piccolo edificio della Nunziatura di Sha’ra Saadoun. Cosa sappiamo della vita del Nunzio apostolico in uno dei paesi più pericolosi del mondo? Possiamo immaginarlo mentre incontra capi di stato, ministri, altri ambasciatori o rappresentanti di tutte le religioni ma com’è la sua giornata tipo? Baghdadhope ha voluto chiederglielo (testo integrale su: www.baghdadhope.blogspot.it).
Monsignore può descriverci la vita in Nunziatura?
“Direi che è una vita molto ritirata anche se, per il ruolo che ricopro, gli incontri istituzionali sono sempre molti. Sono incontri che si svolgono in Nunziatura o nella Zona Verde, la zona blindata creata dagli americani dove si trovano le sedi delle istituzioni governative irachene”.
 
Non sembra una vita molto ritirata. A cosa alludeva definendola come tale?
“Al fatto che nonostante sia arrivato a Baghdad da quasi tre anni non conosco ancora molto bene la città visto che mi è impossibile decidere di uscire a fare una passeggiata e respirarne la vera aria… Baghdad è una città che varrebbe le pena scoprire ma dove purtroppo la sicurezza è un bene sconosciuto…”.
E la sua, di sicurezza, da chi e cosa è garantita? La maggior parte di noi fa fatica ad immaginare cosa voglia dire vivere blindati.
“Per quanto riguarda la sicurezza dell’edificio della Nunziatura essa è affidata a guardie armate. Per quanto riguarda me quando devo uscire devo avvertire il capo delle guardie che organizza la scorta composta in genere da 7 poliziotti armati fino ai denti che scortano, davanti e dietro, la macchina blindata della Nunziatura su due fuoristrada pick-up. Per disposizione del Ministero degli Esteri non posso uscire senza questa scorta che in caso di visite fuori città viene più che raddoppiata ed organizzata con almeno 72 ore di anticipo. Neanche lasciare Baghdad è facile. L’autorizzazione alla compagnia incaricata della sicurezza all’aeroporto deve essere richiesta almeno 24 ore prima della partenza…”
A che ora comincia la sua giornata?
“Alle 6 in punto quando il mio smartphone mi annuncia l’ora, mi informa sulla temperatura esterna, mi ricorda gli impegni della giornata e soprattutto il motivo per cui anche quel giorno mi sveglio: vivere per amare Gesù e cercare di essere un’altra Maria. I miracoli della tecnica! Un piccolo aggeggio, se programmato a dovere, può fare molte cose ed il mio smartphone serve anche quando, soprattutto d’inverno, i generatori sono ancora spenti e manca la luce elettrica, ed io lo uso come breviario alle 6.30. Alle 9.00 inizia la vera e propria giornata lavorativa con il segretario e la suora irachena che, visto che parla perfettamente anche l’italiano è costretta a fare di tutto. I primi impegni sono quelli di controllare la posta elettronica e l’agenda per distribuire le incombenze a seconda delle urgenze e delle competenze ma prima di ciò, per ricordare che la cosa più importante è mettere in pratica la Parola”.
 
Una giornata lunga…
“C’è anche qualche buona lettura, c’è internet ed i contatti con gli amici sparsi nel mondo, c’è la corrispondenza personale da evadere. Di solito concludo la giornata in terrazzo dove salgo per recitare il Rosario e da dove, di nascosto dalle guardie che non lo permetterebbero, contemplo quel poco di Baghdad che posso vedere. In quei momenti affido la città, i suoi abitanti e tutto il Paese alla protezione della Madonna. Con la recita della compieta, in terrazzo o in Cappella, do la buona notte anche a Gesù chiedendo perdono per le mancanze della giornata che, nonostante i buoni propositi, ho l’impressione siano sempre più numerose delle buone azioni che avevo intenzione di compiere. A quel punto c’è ancora un’unica cosa da fare: riagganciare al caricatore lo smartphone che l’indomani mattina mi sveglierà annunciando implacabilmente che ‘sono le sei e zero minuti’ e che un’altra giornata sta per iniziare per me a Baghdad”.

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