famigliaa cura di Francesco Rossi

TORINO – Quattro giorni per riscoprire le “strutture portanti” della famiglia. Un evento della Chiesa italiana che intende rivolgersi a tutti, superando “pregiudizi e ideologie”. Sono questi i tratti fondamentali della 47ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, dedicata a “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, che si aprirà domani pomeriggio al Teatro Regio di Torino con i saluti e la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Al momento sono 1.315 gli iscritti, di cui 938 laici. Tra i partecipanti si contano 165 rappresentanti di associazioni, movimenti e aggregazioni ecclesiali, 244 persone impegnate nella pastorale familiare e circa 200 in quella sociale nelle rispettive diocesi, una novantina di vescovi.
L’architettura della famiglia. “Non vogliamo scattare una fotografia, che sarebbe subito invecchiata per i rapidi cambiamenti in corso”, bensì “riscoprire l’architettura della famiglia”, ha esordito monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei, aprendo questa mattina a Torino la conferenza stampa di presentazione dell’evento. “Ascolto, confronto e proposta” saranno le coordinate che seguiranno i lavori. Dapprima, ha chiarito Pompili, “ascoltare la famiglia e le sue trasformazioni”; quindi “confrontare, cioè tentare una lettura che non sia sezionata in tasselli che non s’incontrano, ma in grado di delineare il profilo della famiglia”; infine “proporre indicazioni operative sul piano sociale ed economico che si facciano carico della famiglia, poiché sarebbe indice di miopia sociale relegarla nella sfera del privato”.

Riconoscerne la centralità. Le Settimane Sociali da oltre 100 anni cercano d’intercettare le problematiche più cogenti nella società italiana e offrire risposte alla luce del magistero sociale. Quest’edizione vuol essere “un laboratorio per riflettere e condividere idee ed esperienze intorno alla realtà delle famiglie guardando al diversificato panorama religioso, culturale e sociale in cui ogni famiglia si colloca e vive i suoi valori e le sue scelte”, ha puntualizzato l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, per il quale “è nella famiglia che si può concretamente sperimentare, pur in mezzo a tante difficoltà e prove, l’amore”. Ora, “le gravi difficoltà in cui ci troviamo e che riguardano beni o esigenze fondamentali”, ha aggiunto, sollecitano “una politica che riconosca la centralità della famiglia e dia risposte appropriate alle sue necessità sostenendo in particolare quelle più numerose”.

Superare ideologie e pregiudizi. Quest’edizione si collega strettamente con la precedente, che fu nel 2010 a Reggio Calabria. In entrambe la parola “speranza” presente fin dal titolo “esprime la voglia di guardare al futuro, di non cadere nello scoraggiamento, ma trovare le ragioni della speranza”, ha ricordato il presidente del Comitato scientifico e organizzatore, monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari, sottolineando come diversi temi messi a fuoco nel 2010 siano poi stati al centro del dibattito politico di questi anni: dal fisco al welfare, dalla cittadinanza per i figli degli immigrati ad alcune riforme istituzionali. “Nella precedente edizione – ha precisato il segretario del Comitato, suor Alessandra Smerilli – la famiglia era stata presente trasversalmente negli ambiti dell’‘Agenda di speranza’; qui a Torino invece poniamo al centro il soggetto famiglia e nelle assemblee tematiche andremo a esaminare i suoi nodi problematici”. Siamo in presenza di “una questione sociale di rilievo generale”, ha rimarcato il vicepresidente del Comitato, Luca Diotallevi. L’importante è “superare ideologie e pregiudizi”, riconoscere che “la famiglia non è un ‘problema’ cattolico, ma una risorsa per tutti”, ha concluso monsignor Miglio, evidenziando che riconoscerle un primato “non significa ignorare, né calpestare diritti e doveri”.

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