ROMA – In una delle sue apparizioni a suor Lucia dos Santos, la Madonna ha chiesto di intraprendere un cammino di fede e di conversione dedicando i primi cinque sabati di cinque mesi consecutivi alla meditazione dei misteri della vita di Gesù e di Maria, alla celebrazione dei sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza e alla preghiera del rosario. Il tutto compendiato in un atto di consacrazione al suo Cuore. Questo camino è favorito nella città di Roma dalla “Confraternita di San Jacopo di Compostella” che organizza ogni primo sabato del mese un pellegrinaggio per le vie della città intitolato “La corona di Maria”. Per conoscere questa realtà abbiamo intervistato don Paolo Asolan che, oltre ad essere membro della Confraternita, è docente incaricato di Teologia Pastorale presso la Pontificia Università Lateranense.

1) La pratica del pellegrinaggio è molto antica. Ha ancora senso per i fedeli del XXI secolo?

Basterebbe pensare alle cifre di quanti si recano in pellegrinaggio ai vari santuari sparsi nel mondo o a quelli, che più ci sono vicini quanto a sensibilità, che percorrono le vie di pellegrinaggio a piedi, per arrivare qui a Roma o alla tomba di san Giacomo a Compostella, ad Assisi, o perfino a Gerusalemme. Il pellegrinaggio, specie quello a piedi, intercetta un bisogno diffuso: quello di mettersi a cercare con tutto se stessi – anima e corpo, non solo con la testa – il senso stesso del vivere e dell’andare, che spesso non è offerto neppure dalla Chiesa, vissuta ad intra e ad extra più come un sottosistema etico autoreferenziale che come un’offerta di vita nuova e buona, possibile per la risurrezione di Gesù e l’opera dello Spirito Santo. Papa Benedetto, inaugurando l’anno della fede, citò questi cammini di pellegrinaggio ponendoli in connessione proprio con il mistero della fede, affermando: «Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada. La prima Lettura ci ha parlato della sapienza del viaggiatore (cfr. Sir 34,9-13): il viaggio è metafora della vita, e il sapiente viaggiatore è colui che ha appreso l’arte di vivere e la può condividere con i fratelli – come avviene ai pellegrini lungo il Cammino di Santiago, o sulle altre Vie che non a caso sono tornate in auge in questi anni. Come mai tante persone oggi sentono il bisogno di fare questi cammini? Non è forse perché qui trovano, o almeno intuiscono il senso del nostro essere al mondo? Ecco allora come possiamo raffigurare questo Anno della fede: unpellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale» (Omelia per la Santa Messa di apertura dell’Anno della Fede). Credo che questa importante affermazione del Papa risponda bene alla domanda.

2) Quali sono le attività principali della Confraternita della quale fa parte?

I fini principali sono la crescita dell’amicizia e del legame con l’apostolo Giacomo, nati durante il pellegrinaggio alla sua tomba e continuati a casa nella promozione del culto a lui dedicato e nella fraternità con gli altri pellegrini; quindi la cura del proprio cammino di fede nella Chiesa, all’interno delle rispettive comunità cristiane; l’esercizio della carità nella forma dell’accoglienza concreta dei pellegrini (gratuita, semplice e offerta riconoscendo nel pellegrino Gesù stesso che chiede ospitalità) e più in generale nella promozione del pellegrinaggio, sia dal punto di vista culturale (contribuendo a sviluppare una vera e propria cultura del pellegrinaggio) che tecnica (percorrendo le vie, scrivendo guide, aprendo spedali per l’accoglienza lungo le stesse vie).

Si tratta, cioè, di rendere possibile ad altri di ricevere la stessa grazia che abbiamo ricevuto noi pellegrinando, e che ha trasformato la nostra esistenza, dandole una forma molto particolare. È un dono che intendiamo mettere a servizio della fede e della vita della Chiesa: gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

3) Quando e come è nata l’idea di un pellegrinaggio urbano?

In realtà noi percorriamo diversi pellegrinaggi urbani, ma per quel che riguarda la Corona di Maria, essa è nata dal fatto che in pellegrinaggio si prega con il rosario, ideale sia perché scandisce bene i passi, sia perché è la preghiera dei poveri e dei mendicanti: non necessita di libri o di luoghi particolari per essere fatta. Tornati a casa, spontaneamente, qualcuno di noi si recava presso qualche chiesa pregando così, rivivendo ritmi e stile conosciuti sul Cammino. A questo si sono aggiunti l’accresciuta consapevolezza – sbocciata quando, percorrendo la Francigena, siamo arrivati a Roma da pellegrini, e non solo da abitanti della città – di vivere realmente in una città santa, una città santuario, incredibilmente ricca di memorie legate alla fede e alla presenza di testimoni della fede; e la costatazione che Roma è una città mariana, dove la presenza della Madonna è evidente e discreta allo stesso tempo, bisognosa di essere cercata.

A questo si è aggiunto il desiderio di rispondere alle richieste fatte dalla Vergine a Fatima, riguardanti il suo Cuore Immacolato. Il tema del cuore in questo senso è cruciale: non si tratta soltanto di mettersi in movimento fisico, di fare una bella passeggiata, ma di entrare in profondità dentro il cuore. Nel nostro, come in quello di Maria, abita lo Spirito santo che grida “Abbà, Padre!”: è Lui, vivente in noi, che rende possibile quello che altrimenti resterebbe umanamente impossibile. Questa azione dello Spirito la riconosciamo anche per la gioia, la leggerezza e la libertà che il pellegrinaggio regala a chi lo compie.

 

4) Come si svolge il pellegrinaggio urbano?

Parlo sempre della Corona. Ci sono due itinerari: uno “classico” e uno sperimentato quest’anno, molto più breve. Il classico consiste in un anello di cinquanta chiese del centro dedicate alla Madonna, davanti alle quali si recita un’Ave Maria. In cinque di esse (diverse di volta in volta) entriamo e, fatta una sommaria (ma non superficiale), visita artistica della chiesa, meditiamo su uno dei misteri del giorno. Alla terrazza del Pincio e al Giardino degli aranci ci sono anche delle meditazioni sul senso del rosario e sul senso della consacrazione. Questo pellegrinaggio dura dal mattino a pomeriggio inoltrato, e si conclude con la Santa Messa.

Quello più breve inanella cinque chiese soltanto, dedicando un po’ più di tempo alle meditazioni o alla preghiera silenziosa, e si conclude sempre con la Messa.

A Giugno, luglio e agosto, invece, considerato il caldo diurno, la Corona si svolge a partire dal tardo pomeriggio, in genere iniziando con la Messa alla Madonna dell’Archetto (laprima immagine di Maria che nel 1796 “mosse gli occhi”) e toccando alcune delle madonnelle interessate dallo stesso prodigio. In questi mesi le meditazioni sono su brani del vangelo dove si parla dello sguardo di Gesù.

Siamo pellegrini compostellani, per cui la modalità di compimento del percorso a piedi è la stessa che abbiamo imparato sul Cammino di Santiago: non, quindi, un procedere necessariamente compatti in gruppo, così che sia rispettata la libertà di passo, di silenzio, di preghiera di ognuno. Insieme preghiamo il Rosario, ripetutamente, attraversando i suoi misteri, come un pianto, come un grido – come una gioia che non è nostra e che ci visita improvvisa.

Pochi o tanti che siamo – liberi grazie a Dio dall’ossessione per il numero esibito, mondana e anche un po’ triviale unità di misura del successo di ciò che si fa – rinnoviamo la grazia di vivere in una città santa e sperimentiamo qualcosa della bellezza della fede.

5) Quanto le bellezze artistiche della città di Roma possono aiutare i fedeli ad avvicinarsi a Maria e a Gesù?

Senza essere blasfemo, bisognerebbe dire che anche della bellezza di Roma nunquam satis. Vedere senza fretta e senza l’affanno del traffico i mirabilia dell’Urbe ci rende per forza meno bestie: ciò che si intuisce attraverso la bellezza dell’arte trasfigura la materia e la corporeità, apre all’invisibile. Il percorso classico mette insieme i luoghi più belli del centro, per cui anche dal punto di vista turistico si tratta di un giro impagabile. Ma non è il compiacimento del turista che ci interessa, quanto il cammino del pellegrino. Vorremmo descrivere non soltanto le forme interessanti dei quadri o delle chiese, quel che si vede a occhio nudo e che può essere spiegato tecnicamente o storicamente, ma il contenuto che viene rappresentato e celebrato dall’arte e dal genio degli artisti. Come cioè il Mistero può essere reso percepibile dai sensi, i quali lo riconoscono come il necessario che cercano e di cui hanno fame e sete. Questo avviene spesso anche raccontando le vite dei santi presenti nelle chiese: irradiano una bellezza la quale suscita come una nostalgia che brucia dentro, un presentimento di verità che affascina e cattura. Lo abbiamo costato soprattutto in questo Anno della fede, quando – terminata la Corona con la Messa – nel pomeriggio chi voleva continuava a pellegrinare alle basiliche dei santi intercessori del Canone Romano (Cecilia, Agnese, Clemente, Marcellino e Pietro, Giovanni e Paolo, …).

È una bellezza non meno persuasiva, che incanta allo stesso modo.

6) Ha avuto modo di raccogliere in questo tempo qualche testimonianza particolarmente toccante da parte di alcuni pellegrini?

Quando possiamo, al termine dell’omelia della Messa, lasciamo qualche minuto per le risonanze della giornata: invitiamo i pellegrini a condividere il passo del vangelo o l’intuizione che li hanno colpiti durante il cammino. È sempre sorprendente ascoltare queste brevi riflessioni e verificare come, al di là dei contenuti che possiamo aver preparato noi, il Signore effettivamente parli e cammini con noi. O, quantomeno, come l’uscire dai ritmi soliti, ordinari, e il rimettersi a camminare, crei delle condizioni di ascolto e di attenzioni affatto diverse da quanto accade mentre viviamo la solita vita. E di come siamo più docili ad accogliere e a far spazio. Direi che tra le cose che colpiscono di più sono le intenzioni di preghiera che vengono condivise, le quali spesso riguardano situazioni difficilissime, che la preghiera del pellegrinaggio aiuta a vedere sotto un’altra luce. Non come condanne e pesi gravosi soltanto, ma come occasioni di conversione nel profondo. Illuminate sempre dalla vita della Madonna nonché, come dicevo, dalla gioia e dalla libertà dello Spirito: la libertà di chi si sente amato, accompagnato e seguito con amore. In questo io vedo all’opera molto del ministero di intercessione della Madonna.

 7) Una pratica antica che si avvale anche di linguaggi moderni. È vero che è possibile avvicinare questa realtà anche attraverso internet e facebook?

In realtà no, il pellegrinaggio per sua natura non ha e non può avere surrogati nei social network. Abbiamo però dei siti di servizio, grazie ai quali comunichiamo l’itinerario mensile, le informazioni necessarie da sapere e, in genere, tutto quel che riguarda il mondo del pellegrinaggio a piedi in Roma.

Il sito della Confraternita è www.pellegriniaroma.it, da lì si può risalire alla pagina Facebook e anche al contatto di Twitter.

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