Di Francesca

Caro Papa Francesco,
ci hai chiamato amici e così mi piace pensarti, come un amico un po’ più grande, che ha fatto un pezzo di strada che io ancora non ho percorso e che mi invita a guardare più là del mio naso.
Sai Papa, ho solo vent’anni e ci sono così tante cose che voglio fare. È bello pensare che, come hai detto, se ci metto fede, speranza, amore le farò meglio.
Sai Papa, è duro il mondo per noi giovani. Qualunque cosa facciamo non va mai bene. Se contestiamo siamo indignati, se accettiamo siamo vigliacchi, se chiediamo la parola siamo troppo giovani per sapere, se facciamo qualcosa in silenzio non abbiamo idee.
Eppure, nonostante tutto, non ci arrendiamo. Io oggi ti ho ascoltato, ci ho riflettuto un po’ e ho deciso che ti credo. Ti rispondo che ci sto. Sai, come quel Pascal che ho studiato al liceo, quello della scommessa, che diceva che ne valeva la pena. Ecco, scommetto anche io su di te, sulla tua tenerezza e siccome dicono che noi giovani non ci impegniamo davvero in quello che facciamo, voglio fare le cose per bene e ti metto tutto nero su bianco. Così, se un giorno non dovessimo più ricordarci cosa ci siamo detti, possiamo sempre rileggere e sorriderne insieme.
Allora, cominciamo. Ci sto a finire quest’Università che mi sembra un pozzo senza fondo verso il miraggio di un lavoro che non c’è. Ci sto a confrontarmi su tutto con i miei, anche se a volte penso che ci divida ben più di una generazione. Ci sto a frequentare la Chiesa, anche quando il mio parroco sembra più un ragioniere che un allenatore di anime. Ci sto a sognarmi dove non avrei pensato di immaginarmi, perché se comincio a tarparmi le ali da sola non posso pensare di volare alto. Ci sto a farmi una famiglia perché continuo a pensare che i figli sono l’unico modo per ipotecare bene il mio futuro. Ci sto a non farmi consumare la speranza da chi è deluso dalla vita e tenta di scoraggiarmi dal vivere pienamente la mia. Ci sto a non accontentarmi di risposte provvisorie e a cercare la verità anche quando è ben nascosta nelle pieghe dell’effimero. Ci sto a non sottrarmi alle mie responsabilità anche quando sarebbe facile scaricarle sulle spalle di qualcun altro. Ci sto a cercare il torsolo buono nella mela ammaccata, perché se il Signore perdona me io non posso non fare lo stesso con chi mi offende. Ci sto a cambiare una piccola cosa che non va ogni giorno, perché mi conosco e lo so che se cercassi di cambiare tutto insieme non funzionerebbe e mi demoralizzerei. Ci sto a riporre la mia fiducia in Qualcuno di più grande che mi aspetta senza arrabbiarsi anche quando magari mi smarrisco per un po’. Ci sto ad essere una “testimone gioiosa”, perché non c’è niente di più triste di un testimone mesto. Ci sto a mettere il sale dov’è insipido, lo zucchero dov’è amaro, l’acqua dove è arido, perché la vita va cucinata con i giusti ingredienti perché abbia un buon sapore.
Che ne dici Papa Francesco, va bene come primo elenco? Beh, a me sembra abbastanza ottimista per aver appena cominciato. Ma non mi preoccupo, so che ne riparleremo alla prossima Gmg.
Ti abbraccio, la tua amica

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