Sette dei 28 Stati dell’India – Orissa, Chhattisgarh, Arunachal Pradesh, Gujarat, Rajasthan, Himanachal Pradesh e Madhya Pradesh – prevedono leggi anti-conversione, nonostante la Costituzione indiana garantisca la libertà di culto. Queste leggi incidono soprattutto su coloro che da indù, desiderano divenire cristiani. L’induismo, che conta l’adesione dell’80% della popolazione, è la prima religione dell’Unione, nella quale è presente la grande minoranza musulmana (la terza al mondo, come numero di aderenti), mentre il numero dei cristiani è di 25 milioni.

Il caso dello Stato di Madhya Pradesh. Di recente, nello Stato di Madhya Pradesh, è stato approvato dal Governo guidato dal partito nazionalista indù, un provvedimento che inasprisce le misure sul divieto di conversione, esistenti dal 1968. La nuova legge prevede che la persona che intenda cambiare religione debba informare il magistrato distrettuale della sua decisione e obbliga i sacerdoti che presiedono una “cerimonia di conversione” (ovvero un battesimo) a informare un mese prima il Governo sul giorno esatto, luogo e ora in cui la conversione avrà luogo, prevedendo pene se questo non accade. Segue un’indagine amministrativa della polizia, per accertare se vi sono coercizioni. Come ha riferito l’Agenzia Fides, in una nota il Gcic (Consiglio Globale dei Cristiani Indiani) ha denunciato che “la normativa sembra lasciare molti cittadini con la falsa impressione che la conversione sia illegale in India e questa idea è portata avanti dai gruppi estremisti che propugnano l’ideologia dell’Hindutva (‘induità’) con ferocia religiosa. Tale decisione frettolosa è parte di un piano che intende creare un clima di sospetto e di odio nei confronti della comunità cristiana, in vista delle elezioni parlamentari del 2014”.

Il ruolo dei nazionalisti indù. Nel Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, l’Associazione Evangelica “Porte Aperte” evidenzia che le leggi “anti-conversione” sono frequentemente usate come pretesto per interrompere e disturbare i culti nelle chiese e per molestare e accusare i cristiani. Il permesso per costruire o ristrutturare una chiesa è quasi impossibile da ottenere e tutte le attività comunitarie possono essere percepite come “oltraggiose nei confronti dei sentimenti religiosi del popolo” e “distruttive della pace e dell’ordine”. Un movimento maoista-comunista chiamato “Naxalites”, che si oppone al Governo e che ha le proprie basi in almeno 12 Stati federali, percepisce i cristiani come nemici perché ritiene che essi abbiano rapporti e collegamenti con il Governo e con l’Occidente. Più volte, negli ultimi vent’anni, l’India è stata teatro di scontri feroci di origine religiosa. È accaduto nel 1992-1993, con gli scontri tra indù e musulmani a Mumbai; nel 2002 con i massacri del Gujarat, sempre tra indù e musulmani; nel 2008, con i pogrom anticristiani dell’Orissa, perpetrati da fondamentalisti indù. Secondo quanto afferma il Gcic, “continuano ad avvenire episodi di intimidazione, persecuzione e atti di violenza contro singoli e piccole comunità”. Le leggi anti-conversione, che dove applicate hanno portato alla diminuzione del numero delle conversioni, vanno lette in questo difficile contesto, che diventa ancora più problematico negli Stati guidati dal Bharatiya Janata Party (Bjp, partito ultranazionalista indù) e in cui c’è una forte presenza delle organizzazioni che fanno parte del Sangh Parivar (movimento ultranazionalista indù), come la Rashtriya Sawayamsevak Sangh (Rss).

Lo strumento offerto dalle Linee Guida sulla libertà di religione dell’Ue. Di qui, il richiamo dei leader del Gcic all’importanza delle Linee guida sulla libertà di religione e di credo recentemente approvate dall’Unione europea, nelle quali si afferma che il diritto alla libertà di pensiero, coscienza, religione o credo è “un diritto fondamentale di ogni essere umano” e riconosce che violazioni e abusi a questo diritto sono commessi in tutte le parti del mondo e ci si impegna ad “aiutare a prevenire e affrontare le violazioni di questo diritto in modo tempestivo, consistente e coerente”.

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