Di Marco Doldi

Secondo una recente ipotesi, la fede avrebbe una motivazione biologica.
A prima vista potrebbe sembrare un argomento a favore della fede, quasi una prova della sua ragionevolezza, ma le cose non stanno esattamente così. Secondo un saggio pubblicato in queste settimane su una rivista italiana di filosofia e di politica, l’architettura naturale della mente umana farebbe in modo che la credenza di un Dio creatore sorga in modo del tutto spontaneo nel bambino, indipendentemente dall’ambiente in cui cresce. Alcuni scienziati cognitivi e neuroscienziati sostengono che i bambini trovano del tutto naturale, indipendentemente dall’opinione degli adulti che li educano, l’idea di un creatore non umano del mondo, un creatore che possiederebbe super-poteri. La conclusione sarebbe che la credenza nel soprannaturale poggerebbe su caratteristiche naturali della mente, prodotte dalle attività biologiche del cervello umano.
Ora, che cosa sarebbe la fede? Una predisposizione alla ricerca di significato di fenomeni di cui non si comprende la ragione e di cui non ci si può dare la spiegazione. Ma veramente questa è la fede? O, non piuttosto, la dimensione religiosa?
Da sempre c’è una differenza.
L’uomo è un animale religioso, cioè un essere pensante che si pone alcune domande di senso circa la propria esistenza: da dove vengo? Dove vado? Perché l’essere e non il nulla? Talvolta si dà anche risposte, riconoscendo un essere superiore, creatore e potente. Questo si è sempre saputo e la notizia che tale attività risieda nel lavoro spirituale della mente non è per nulla una novità!
Il fatto che si dica che questa credenza è propria del bambino non deve indurre a ritenere che sia un’attività infantile, ma è umana nel senso più nobile del termine: è proprio dell’uomo, rispetto alle altre creature, porsi tali gravi questioni, che aiutano a conferire un senso di pienezza all’esistenza.
Precisato questo, ci si trova davanti a due questioni molto importanti, che chiedono attenzione e rispetto. Innanzitutto, il creatore che la mente del bambino – ma anche dell’adulto – concepisce è una sua fantasia? Cioè: è la mente umana che postula l’esistenza di Dio, a motivo della sua incapacità a spiegarsi la realtà? Se questa fosse la lettura, cui giungono le neuroscienze non si sarebbe andati di molto lontano rispetto all’accusa marxista: l’uomo ha immaginato l’esistenza di Dio a motivo di una sua debolezza. La seconda questione riguarda l’uso che taluni fanno delle neuroscienze: considerare la vita spirituale della persona come un’attività della mente, scivolando in un sottile materialismo. Così l’esistenza di Dio, oltre a essere una necessità a motivo della fragilità dell’uomo, sarebbe anche il prodotto più avanzato dell’attività del cervello.
È evidente che questa lettura della persona non è completa e adeguata: l’attività spirituale non è solo quella della mente, ma è dell’anima, innanzitutto! Nell’uomo la ricerca di Dio, quella che conduce alla fede, è possibile non immediatamente grazie all’attività di ricerca della mente, ma perché Dio lo ha creato a sua immagine e lo mantiene costantemente orientato a Sé. La spiritualità della persona si comprende in questa dimensione divina e soprannaturale, che precede ogni possibile proiezione della mente o introspezione. Così nell’uomo la fede, a differenza del fenomeno religioso, non crea niente, ma accoglie gratuitamente la rivelazione che Dio fa di sé e risponde con fiducia. La fede è dono, non creazione della mente.

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