GENOVA – “Fraterno e rispettoso” in “una dialettica” e in “un dialogo di lealtà, di chiarezza, di paternità da parte mia; di amicizia e di affetto da parte sua”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha definito il suo rapporto con don Andrea Gallo, il sacerdote genovese scomparso a 84 anni, dopo una lunga malattia. Conversandocon i giornalisti, a margine della 65ª assemblea generale della Cei (Roma, 20-24 maggio), il cardinale ha raccontato di essere andato a trovare don Gallo una settimana fa. “Stava benino – ha detto -, abbiamo preso un caffè in piedi, recitato l’Ave Maria e poi gli ho dato la mia benedizione.
Era certamente deperito, molto magro ma lucido e sereno, pur consapevole della sua difficile situazione di salute”. È stato “un incontro molto cordiale”.
In questi giorni di assemblea generale, a Roma, ha proseguito il cardinale, “i miei collaboratori, da Genova, mi hanno informato che la sua situazione medica era precipitata fino alla triste conclusione”.

L’arcivescovo ha poi ricordato alcuni momenti della vita di don Gallo: “Accolto in diocesi dal cardinale Siri, al quale aveva chiesto di essere incardinato, venne inviato prima come viceparroco nella parrocchia di Nostra Signora del Carmine, nel centro storico, e successivamente nella parrocchia di san Benedetto al Porto”.

A san Benedetto al Porto, ha proseguito il cardinale Bagnasco, “c’è un parroco tuttora vivente, don Federico Rebora, che è stato per lui veramente un fratello. Qui ha avviato la sua comunità, detta appunto di San Benedetto al Porto, impegnandosi in un recupero sistematico dei disagiati. Si è occupato di questa comunità, sempre aiutato dagli arcivescovi di Genova che si sono susseguiti negli anni”. Ora, questa esperienza “è cresciuta, si è strutturata organizzandosi al proprio interno”. Anche se, come “è chiaro”, don Gallo “era sempre il punto di riferimento ideale, il fondatore”. In questi sei anni, “da quando sono tornato a Genova come arcivescovo”, ha detto il cardinale, “ci siamo incontrati diverse volte. A volte veniva lui, a volte lo convocavo io. Sempre in una dialettica e in un dialogo di lealtà, di chiarezza, di paternità da parte mia; di amicizia e di affetto da parte sua. Non mancando di affrontare quelle situazioni che potevano creare qualche perplessità. In questo dialogo abbiamo avuto un rapporto sempre fraterno e rispettoso”.

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