L’Ancoraonline ne ha dato notizia, ma ai più il fatto che Pericle avesse scandito i “suoi” simbolici cento anni dalla nascita nella cittadina rivierasca di Grottammare, è passato quasi inosservato alla cittadinanza, pur essendoci stata qualche iniziativa di nicchia. Tra i ricordi dell’infanzia, raccontati da chi gli abitava vicino e lo conobbe personalmente, vediamo un bel ragazzo bruno di pelle e moro e riccio di capelli, forte e muscoloso, dalla bocca carnosa e gli occhi neri vivissimi, come i ragazzi mediterranei di un tempo lo erano. L’aspetto riservato, ma al tempo stesso tipico, caratteristico, ne facevano un ragazzo un po’ particolare, un bel ragazzo. Il padre Vittorino, scultore per diletto e passione, ma falegname per necessità e sostentamento, gli aveva dato la finezza dell’arte della lavorazione del legno, erano raffinatissimi i lavori di Vittorino: ancora si possono ammirare nel sedile a tre spalliere dell’altare della chiesa di San PioV e nel pulpito ligneo.
Come pure nelle case dei vecchi grottammaresi ci sono ancora tavolini e oggetti lignei di squisita fattura, anche ebanistica e di intarsio, usciti dalle abili e operose mani di “Vittorì”. Un dolore aveva sconquassato la famiglia: la perdita prematura di una bellissima sorella di Pericle, a lei il padre Vittorì dedicò una scultura a grandezza naturale, posta nell’atrio della grande casa di Via XX Settembre, adornata dai lunghissimi, pendenti e biondi capelli veri della ragazza.
Pericle da bambino e da ragazzo trascorreva le sue giornate aiutando in bottega il padre, giocando con i fratelli e facendo lunghe passeggiate sulla riva del mare che allora a Grottammare era selvaggia e sassosa, piena di sterpi e canneti, un po’ come ancora oggi si vede lungo il Tesino. Tra i vari “forestieri” che villeggiavano a Grottammare nei primi stabilimenti, c’era anche una famiglia signorile romana, quella del direttore dell’Accademia di Belle Arti, già professore Mario Rivosecchi. Era costui una figura esile ed elegante, spesso vestiva di bianco, con paglietta e bastone. Sua moglie invece amava il nero, era una signora alta ed elegantissima, con cappellino e bastoncino.
Vedendolo scolpire, Rivosecchi propose a Vittorì di portare a Roma Pericle e fargli frequentare l’Accademia. A quei tempi l’istituzione non era ancora una università ( come è oggi) e si poteva frequentare subito dopo le scuole medie). Pericle aveva 16 anni. Vittorì non aveva nulla in contrario e anche Pericle ci sarebbe andato volentieri, ma soldi per il mantenimento, non ce n’erano, così Mario Rivosecchi, con un moto di generosità e lungimiranza, propose di ospitare il ragazzo a casa sua, avendo dei figlioli più o meno coetanei di Pericle. Fu così che Fazzini si

 

recò e stabilì a Roma, guidato e protetto da Mario Rivosecchi, che ne aveva una stima grandissima e grande ammirazione per le sue capacità. Dapprima si iscrisse alla “Scuola Libera del nudo”, cioè ad un corso parallelo a quelli istituzionali accademici, ma diciamo, quasi da “esterno”, poi ai corsi normali, diventandone, nel tempo e dopo i primi successi, professore egli stesso o meglio docente di scultura. Ma il resto è storia e vi sono biografie senz’altro più complete. A noi premeva raccontare solo gli anni dell’infanzia di Pericle, le corse sulla spiaggia di Grottammare, il gioco con i “ciotti” ( sassi di mare), i canneti e l’ “Uliveto della Madonnina”, i gabbiani in volo, che per tutta la vita compariranno nei suoi disegni e nelle sue sculture, evocando e rendendo immortale Grottammare.

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