DIOCESI – La vicaria di S. Giacomo della Marca in questo anno della fede ha proposto alcuni incontri sui temi del concilio.
Lunedi sera nella Sala Giovanni Paolo II presso la Chiesa Sacro Cuore di Centobuchi, Mons. Bettazzi, , ha tenuto desta l’attenzione di molti che hanno partecipato parlando dei temi del Concilio Vaticano II. Bettazzi 90 anni, è stato consacrato vescovo nel 1963 e ha partecipato al concilio di cui ricorrono i 50 anni. Il suo ultimo libro si intitola proprio “Viva il papa, viva il popolo di Dio! Cicaleccio sul Concilio Vaticano II”. Una forza e una presenza notevole, e che ha ancora molto da dire, infatti continua a spostarsi, in treno autonomamente, da una città all’altra incontrando tanti. Con ritmo e vivacità intervallando con aneddoti e battute di spirito il suo cicaleccio su ciò che il Concilio ha proposto e ribadito. Con uno sguardo tra passato ed incursioni in ricordi personali e familiari: dalla corrispondenza con Berlinguer  alla mamma bolognese, ha parlato con passione citando spesso don Tonino Bello, che ha conosciuto.
Ha ricordato la Gaudium et Spes che incoraggia a guardare con speranza ciò che si fa nel mondo, “Cristo per 30 anni ha fatto l’uomo, per tre anni il cristiano, per tre giorni il prete. Se fai le cose comuni nell’amore di Dio tu salvi il mondo” ha detto con le sue espressioni icastiche. Ha ricordato poi la grande novità del Concilio, che ancora non abbiamo colto in pieno, della lettura della Bibbia, cosa vietata in pratica ai fedeli prima del Concilio. La Bibbia è la parola con cui Dio si rivolge a ognuno di noi, e bisogna studiare la lingua, cioè la Bibbia, con la quale il Signore parla agli uomini per capire cosa Egli ci dice.

Arrivando al cuore di ciò che afferma il Concilio: che cos’è la Chiesa? Popolo di Dio in cui in forza del Battesimo ogni persona è sacerdote, profeta e re, e il ministero è funzionale nella misura in cui alimenta questo. Nel parlare della corresponsabilità dei laici ha spiegato che compito della gerarchia è quello dell’ultima parola, ma è l’ultima se prima ce ne sono state delle altre.
Ecco la collegialità, ha ricordato come al concilio il papa, i vescovi erano andati con delle idee e dei pensieri che non erano quelle che poi sono venute fuori e l’ultima parola spetta si al papa, perché appunto ce ne erano state delle altre. La Chiesa è del popolo di Dio e ognuno ha una responsabilità e un compito. Non ha mancato di rimarcare che le parrocchie sono spesso organizzate e organizzano per quelli che vengono già, ma così non dovrebbe essere. È la vita tutta che dovrebbe essere posta in attenzione, non solo all’inizio e alla morte, il principio per cui Dio si è fatto uomo è la solidarietà con tutte le piccolezze e povertà del mondo.

Al termine del suo intervento c’è stato lo spazio, dopo un minuto di sussurro come ha suggerito lo stesso Bettazzi per parlare e confrontarsi con il vicino, spiegando di aver imparato ciò in Brasile.
Ha volentieri risposto alle domande: sulla recezione del Concilio, dicendo che non ne serve un altro ma affrontare alcuni punti caldi insieme; sulla novità di papa Francesco che appare come uno che le cose le fa; sui movimenti e gruppi chiamati a vivere e testimoniare ma attenzione al rischio della chiusura per la paura di perdere a propria identità concludendo per spiegare, con un barzelletta su cappuccini e domenicani e la chiusura sulle proprie posizioni.

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