Di Michela Mosconi

“Diventare cristiani è la cosa più bella che ci possa capitare”. Lo ripete spesso Ernesto Olivero, fondatore del Servizio missionario giovani (Sermig) di Torino, nel suo intervento, il 19 aprile, presso la chiesa della parrocchia di Santo Stefano a Cesena. Invitato in città in occasione del trentennale del gruppo Scout Cesena 7 ha parlato di fronte ad una platea di 200 persone presentando anche il libro “Per una chiesa scalza”, il cui titolo, riprende un commento che lo scrittore Erri De Luca, non credente, aveva lasciato sul suo “diario alla rovescia”. Il “Corriere Cesenate” (settimanale della diocesi di Cesena-Sarsina) lo ha incontrato.

Gli ultimi, i poveri, gli emarginati. Queste e altre fasce sociali sono al centro dei discorsi e dei gesti di Papa Francesco. Che significato assumono all’interno della Chiesa, esortata dallo stesso Pontefice a “non diventare una Ong pietosa”?
“Intanto va un grande ringraziamento a questo Papa che sta educando a diventare cristiani da 24 ore su 24. Oggi la Chiesa, che siamo noi tutti e non solo preti e vescovi, ha da dire qualcosa di fondamentale, ma deve convertirsi non a una ideologia ma al Vangelo. Dobbiamo riuscire ad abitare il Vangelo, a masticarlo tanto da saper riconoscere il volto di Gesù. Il Cristianesimo è una pratica da vivere, è la storia più bella che possa capitare a un uomo e a una donna. Ma il Cristianesimo è pregare e agire. La mia speranza è che la Chiesa parli alla politica, all’economia, alla finanza. Il Cristianesimo, inoltre, deve essere alimentato nella preghiera, che è il respiro maggiore per noi cristiani: pregare e agire, e commuoversi per poi dare delle risposte immediate, altrimenti ci dicono che siamo degli ipocriti.

Come si traduce questo al Sermig?
“Noi quando siamo nati eravamo un semplice gruppo missionario. Per altre situazioni il Signore ha voluto e vuole che certi gruppi si occupino solo di Terzo mondo. A noi ci ha fatto scoprire anche i poveri vicini e noi li abbiamo scoperti perché avevamo messo una targa davanti alla nostra casa ‘Arsenale della Pace, casa della speranza’ e la gente è venuta a chiederci ragione della nostra speranza. Per cui ci è venuta a chiedere di dormire di notte e noi non eravamo attrezzati, ci è venuta a chiedere ‘voglio uscire dalla mafia’ e noi non eravamo attrezzati. Le Brigate Rosse sono venute a chiederci ‘vogliamo uscire da questo giro’, non eravamo capaci di offrire niente. Però ci abbiamo provato subito, non abbiamo rimandato. Allora il Cristianesimo diventa preghiera e azione. Dove la preghiera diventa immediatamente una risposta concreta”.

Ai cattolici lei chiede testimonianze credibili. In concreto?
“Fare il bene. Un cattolico che esce fuori dalla sua parrocchia, per esempio, non ruba. Un cattolico che s’impegna in politica lo fa per servizio e se guadagna dei soldi in più li dà alla parrocchia che lo ha mandato. Se un cristiano diventa economista, vuol dire che lotterà contro gli imbrogli dell’economia. Dobbiamo essere, in sintesi, cristiani a tempo pieno. E se diventa cardinale, continuerà ad essere un prete di campagna, perché il suo non è un ruolo, non è un onore ma un compito. Io vorrei che ogni parrocchia fosse una fucina di santi, di persone normali. Dobbiamo tornare a fare cose normali. Dobbiamo tornare ad essere cristiani ordinari. Perché il Papa è entrato subito nel cuore della gente? Cosa sta facendo di straordinario? Nulla. È arrivato al balcone di San Pietro e ha detto ‘buonasera’”.

“Io scommetto su di te”, è anche il tema dell’incontro, preso da una frase da lei pronunciata. Anche i giovani possono essere considerati ultimi, per via delle loro incertezze, del difficile rapporto col mondo degli adulti. È per questo che i giovani sono interlocutori privilegiati del Sermig?
“Certo, i giovani oggi sono ultimi. Un compito importante per i cristiani è quello di educarli, e farli diventare i primi. Posso sembrare molto severo nei loro confronti, in effetti è vero, lo sono. Ma perché li amo. Le statistiche dicono che la maggior parte di loro non ha fiducia nelle istituzioni, ha paura di vivere in questa società, che l’età media dei volontari va dai 50 ai 60 anni. Il problema non sono loro, ma il mondo degli adulti che li ha corrotti. Io scommetto sui giovani, però. Perché quando ero ragazzo qualcuno ha scommesso su di me. Loro detestano le prediche di preti o professori, vogliono gente credibile. Ecco perché dico: cerchiamo di essere per loro veri testimoni. Dico spesso loro, ‘ragazzi chi si spinella è amico della mafia’, però bisogna avere credibilità quando si dicono certe cose. Noi al Sermig cerchiamo di guadagnarcela. È in questa credibilità che saremo competenti in ogni ambito della vita, ma da testimoni non da specialisti. Oggi c’è un’ignoranza pazzesca in mezzo a noi. Noi non dobbiamo andare a slogan, ma a contenuti”.

L’impegno del Sermig è anche un aiuto concreto a favore della difesa della vita…
“Le faccio subito un esempio… Arriva da me una ragazza, mi dice ‘Ernesto il mio ragazzo mi ha messo incinta, mi ha detto che se abortisco lui mi sposa’. Caccialo via, le rispondo io. Se lo fai nascere io divento padre di tuo figlio. Da quel giorno sono diventato padre di tanti di quei figli. Anche questo è il nostro lavorare per la vita, senza chiacchiere”.

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