Da questo numero – su invito della redazione – iniziamo una nuova rubrica di riflessioni e pensieri, con la quale cercheremo di aprire un botta e risposta con i lettori, rispondendo alle vostre lettere.

Cercheremo di esprimere delle considerazioni su fatti di cronaca, eventi, ricordi, tradizioni, dalla parte della gente comune, che vogliamo rappresentare e secondo una “nostra” visione cristiana o almeno, “aspirante” cristiana.

Per questa prima volta, vorremmo fare una riflessione sulla Pasqua 2013, appena trascorsa: una Pasqua più povera ma – ecco il risvolto della medaglia – una Pasqua più vera, proprio perché più povera.

Non più mega-carrelli pieni di ogni BendiDio e finalmente supermercati un po’ più vuoti, sia negli scaffali, che nella borsa della spesa.

Meno dolci confezionati, più ciambelloni e crostate fatte in casa, un pranzo e una festa più artigianale, in cui guarda un po’- si riscopre la bellezza dello stare insieme tra parenti dentro casa, con la tovaglia di pizzo ricamata della nonna e il profumo di cibo che proviene dal forno di casa.

Questo è l’aspetto positivo, quello in cui per risparmiare e per non gravare eccessivamente sul padrone di casa, ogni parente porta un piatto e lo offre a tutti, ad integrazione del menu’ proposto da colui che invita.

Ed ecco che improvvisamente, si capisce quanto sia più vero e autentico ritrovarsi così, anziché al ristorante, come negli ultimi anni facevano le famiglie, il giorno di Pasqua, per non “faticare” a cucinare o per non dover ripulire tutta la casa, dopo la festa. Riscoprire il “timballo”, i “cannelloni”, le olivette fritte  e quant’altro si può fare in casa il giorno di Pasqua, anziché gli esotici assaggini del ristorante.

Ma c’è un aspetto amaro da non trascurare in questa Pasqua appena trascorsa, in un periodo di crisi: molte famiglie non hanno soldi, sono disperate, sono molti i suicidi a sfondo economico in Italia, in cui il dramma della depressione è connesso alla mancanza di lavoro e quindi, di sussistenza.

Che cosa fare? C’è da guardarsi attorno, una volta tanto e porgere la mano a chi ha meno di noi. Non è vuota retorica, è un fatto. Cristo ha le mani inchiodate e dobbiamo prestargli le nostre.

 

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2 commenti

  • Sandro
    05/04/2013 alle 08:51

    Salve, condivido con lei le considerazioni, pur tuttavia non penso che la povertà avvicini le persone, ma che anzi le divida. In famiglia se non ci sono soldi, nascono i litigi e così via. Speriamo che con il tempo, questa crisi passi, veramente. Saluti e complimenti per la rubrica.

  • Susanna
    05/04/2013 alle 13:20

    Carissimo, si, in effetti è vero che quando in casa non ci sono soldi scaturiscono discussioni e accuse reciproche e la vita familiare può diventare un vero inferno. La crisi è una brutta bestia, basta vedere quanti suicidi ci sono in questi ultimi tempi ! Ma io intendevo che per paradosso, c'è anche un aspetto positivo, perchè quando ci sono meno soldi, si riscoprono i valori tradizionali e si apprezza quello che uno ha, cioè le cose semplici, emergono i sentimenti, perchè l'amore e la gioia sono inversamente proprorzionali al consumismo e al denaro, checchè se ne pensi. Grazie per il tuo commento e a presto!

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