BELGIO – I vescovi del Belgio scendono oggi in campo e dicono no al progetto di legge presentato dal partito socialista e in discussione al Senato di estendere la possibilità di ricorrere all’eutanasia (introdotta nel 2002) ai minori di 15 anni e alle persone affette da Alzheimer.
nel corso di una conferenza stampa monsignor André-Joseph Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles, ha presentato alla stampa l’opinione dell’episcopato belga contenuta in una lettera-appello rivolto alla cittadinanza e al Parlamento dal titolo evocativo “Si può uccidere il legame sociale?”. All’inizio di febbraio, la Commissione federale di controllo e valutazione dell’eutanasia ha registrato nel 2012 1.432 dichiarazioni di eutanasia, con un aumento del 25% rispetto al 2011. Le dichiarazioni di eutanasia registrate lo scorso anno rappresentano il 2% dell’insieme dei decessi registrati nel Paese. Maria Chiara Biagioni per il Sir ha raccolto le opinioni espresse durante la conferenza stampa.

La lettera. Già nel 2002 quando in Belgio fu approvata la legge sull’eutanasia, i vescovi avevano espresso le loro riserve. “Questa legge – si legge oggi nel documento pubblicato dall’episcopato belga – poteva apparire come ragionevole poiché intendeva lottare contro le eutanasie clandestine. Era presentata come una legge molto umana perché era stata scritta per assicurare l’incontro tra la compassione del medico e la preoccupazione del malato di morire con dignità”. I vescovi comprendono perfettamente che “una persona malata può attraversare un periodo di prova, di incertezza o di profondo scoraggiamento”. E’ proprio in questo momento – incalzano i presuli – che il malato deve incontrare “persone che gli tendono la mano. Che gli fanno capire che il suo valore umano non è annientato dalla distruzione del suo corpo o della sua mente. Che la sua dignità supera infinitamente il disagio che prova a non essere più del tutto padrone di se stesso”.

L’appello. I vescovi pongono poi una serie di interrogativi relativi a un’estensione della legge sui minori e i malati di Alzheimer: “Un’attestazione scritta richiedente l’eutanasia in caso di perdita delle facoltà mentali, non rischia di divenire un giorno addirittura superflua tanto poi da chiedersi se sia necessaria?”. E ancora rispetto ai minori: l’estensione della legge ai minori di 15 anni, non rischia di aprire poi la strada dell’eutanasia “ai bambini più piccoli, visto che la loro malattia o il loro handicap sono divenuti insopportabili?”. Da qui l’appello lanciato dai vescovi al Parlamento dove il progetto di legge sarà presentato: “Lo invitiamo a considerare come i malati, minori o dementi, possano essere meglio presi in cura dalla Sanità pubblica nel quadro delle cure palliative. Per noi dire no all’eutanasia non significa scegliere la sofferenza né far e lasciar soffrire. I progressi delle cure palliative hanno compiuto grandi passi in avanti nel dare sollievo al dolore ed hanno aiutato a prevenire possibili richieste di eutanasia”. I vescovi belgi vogliono poter dare il loro contributo e condividere le loro convinzioni. La lettera infatti si conclude così: “Vogliamo onorare sia la nostra democrazia che la dignità umana”.

L’opinione di un vescovo. Mons. André-Joseph Leonard ha poi spiegato ai giornalisti che “l’introduzione dell’eutanasia, non si limita ad avere conseguenze sull’individuo che la reclama, ma modifica nella società il rapporto fondamentale con la vita e la morte e mina il legame vitale di solidarietà di ogni cittadino con le persone sofferenti”. Il vescovo poi solleva anche la questione del “rischio di delegare ad altri, in un testamento di vita a lungo termine, la facoltà di decidere al mio posto, in caso anche di demenza, di passare, per procura, alla mia eutanasia. Questa decisione – chiede il vescovo – libera ma considerata in ritardo, di confidare ad altri il compito di farmi morire, è veramente compatibile con uno Stato di diritto?”.

La parola dell’oncologo. Alla conferenza stampa ha preso la parola anche Catherine Dopchie, oncologa e responsabile di un’unità di cure palliative, che ha denunciato come l’eutanasia oggi in Belgio sia entrata in un processo di banalizzazione per cui la legge che la permette “contrariamente allo spirito della legge stessa, non è più né un’eccezione né una trasgressione etica, ma un accompagnamento proposto per evitare ogni sofferenza inutile”. E aggiunge: “Ho osservato molte volte, e non solo nelle situazioni di fine vita, ma ancor più nei momenti in cui l’attività psico-spirituale è intensa, che le persone cambiano completamente opinione rispetto ai loro desideri. Studi scientifici sulla qualità della vita dei malati oncologici mostrano che i processi rilevati come significanti per la qualità di vita, cambiano con l’aggravarsi della situazione e con la perdita di autonomia. Non è dunque ragionevole, a mio avviso, pensare di poter essere competenti sulla sensazione che potremmo avere in una situazione che però non c’è ancora. Se dunque la richiesta di dichiarazione anticipata di eutanasia ha una durata illimitata, l’eutanasia rischia di essere praticata sulla base di un documento senza conoscere l’esperienza della persona in quel preciso momento”.

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