DI Francesco Bonini

ITALIA – L’Italia ha votato. Cala di poco più del 5% la percentuale dei votanti, che resta comunque alta, sopra il 75%. Di questi elettori, più di un quarto vota Movimento 5 stelle, la principale novità della tornata elettorale. Se la coalizione di centro-sinistra conquista di un soffio una risicata maggioranza relativa alla Camera (poco sotto il 30%), che le vale una confortevole maggioranza in seggi, al Senato maggioranza non c’è. Il centro-sinistra ha la maggioranza del voto popolare, ma il meccanismo elettorale gli attribuisce un numero di seggi tale da non poter governare. Il centro-destra, dal canto suo, fa una grande rimonta e conquista il secondo posto (in voti popolari e seggi).

Ne risulta una situazione inedita rispetto alla storia della Repubblica del maggioritario, per cui non è dato sapere quale sarà l’assetto del governo della XVII legislatura. Ma prima di affrontare la questione della “governabilità” occorre fare una riflessione preliminare.
In realtà, questi risultati elettorali fotografano con crudo realismo la situazione del Paese e i sentimenti dei cittadini, tra vecchie appartenenze, smarrimento, crisi economica e istanze di forte cambiamento, prima di tutto nei modi e nelle risorse della politica.
I cittadini si sono espressi e hanno evitato plebisciti e investiture.
L’Italia è un Paese variegato e complicato, tanto più oggi, nel vivo di una crisi che morde. Con un voto molto articolato, che non si può rinchiudere in schemi di scuola, gli elettori costringono tutte le forze politiche vecchie e nuove e i nuovi Parlamentari a produrre politica. Paradossalmente, un voto a cui forse sbrigativamente si applica la categoria dell’“antipolitica” costringe la politica, quella alla quale ci ha abituati la storia democratica del Paese, a risolvere finalmente problemi oggettivamente intricati e a indicare prospettive di governo possibili. Il tutto, però, con lo sguardo rivolto alla concretezza della vita reale e ai problemi dei cittadini che la buona politica non può e non deve considerare secondari. In fondo, i cittadini chiedono solo di essere adeguatamente rappresentati, ma senza essere stressati. Anche le democrazie – lo sa bene chi ha alte responsabilità decisionali – rischiano lo stress.
Evitarlo al nostro sistema democratico è una responsabilità che sta in capo a tutti, Grillo compreso.
A urne chiuse, dopo avere fatto i conti con la realtà, tutte le forze politiche si dovranno mettere al lavoro sul percorso istituzionale, con l’elezione dei presidenti delle due Camere. Ripartire dalle istituzioni può essere un buon riferimento, perché costringe alla convergenza. E, persino, a esercitarsi nella ragionevolezza politica. Si potranno così avere, allora, le prime indicazioni per il governo e, subito dopo, per l’elezione del presidente della Repubblica, altro cruciale appuntamento non eludibile.
Serve la politica (quella buona) e, nello stesso tempo, le buone politiche: di qui poi la necessità, senza ideologismi, di affrontare le tre emergenze che sono sotto gli occhi di tutti, quella del lavoro, quella istituzionale e quella del rafforzamento del tessuto etico e della famiglia.
Tutto questo ha il nome antico ma sempre decisivo di responsabilità.
Dopo una campagna elettorale straordinariamente istruttiva per chi vorrà riflettere a mente fredda, tutti sono di fronte alla responsabilità della rappresentanza. Gli elettori hanno suonato la campanella dell’ultimo giro: attendono risposte.

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