SAN BENEDETTO DEL TRONTO– Ecco le valutazioni di Daniele Primavera sul caso giudiziario che sta coinvolgendo l’amministrazione di San Benedetto del Tronto, in particolare nella figura del sindaco Giovanni Gaspari per info (articolo 1articolo 2):

“Non sarei intervenuto in maniera organica su una sentenza che, a mio avviso, cambia molto poco. … non cambia per noi le carte in tavola, e cioè non cambia che lo stesso Gaspari abbia, in effetti e senza alcun dubbio, promesso un risultato (il PRG) senza ottenerlo pur spendendo soldi pubblici in abbondanza. In questo non è diverso da Martinelli, e non ci voleva una sentenza per scoprirlo, lo si sapeva già.

Sono obbligato a intervenire, però, dall’essere stato indirettamente tirato in ballo proprio da questa maggioranza, la quale afferma come “la decisione di nominare come consulente all’Ufficio di Piano l’Arch. Zazio sia stata condivisa da tutte le forze politiche che componevano la precedente amministrazione”. A parte l’evidente paradosso ai limiti del ridicolo nel veder firmare queste parole da chi in amministrazione allora non c’era, questa asserzione così isolata non restituisce una immagine veritiera della vicenda amministrativa del primo mandato Gaspari, per i motivi che seguono:
Non è vero che tutte le forze politiche fossero d’accordo nello stipulare un contratto di consulenza con la Zazio: all’interno della maggioranza (ed anche sui giornali) nel corso del mandato ci fu un dibattito in cui molti esponenti presero posizioni diverse. Ricordo, ad esempio, che sin dall’inizio i Socialisti erano contrari all’idea del superamento completo del lavoro di Bellagamba, ponendo sia questioni inerenti una valutazione politica di quel risultato (cioè un PRG utile), sia questioni economiche molto simili a quelle poi condannate dalla Corte dei Conti, peraltro sollevate in una lettera dallo stesso Bellagamba pochi giorni dopo il suo “esonero”, in una memorabile missiva al comune poi pubblicata a mezzo stampa, in cui si contestavano proprio gli sprechi contestati oggi.
L’atteggiamento più prudente di altre forze politiche, tra cui quella da me rappresentata, derivò da informazioni parziali e incomplete fornite dallo stesso Gaspari a sostegno di una scelta che, del resto, era di sua esclusiva competenza. Tuttavia, tutta la maggioranza (e in particolare tutti i consiglieri di allora) era convinta, almeno nella prima fase, che oggetto del lavoro del consulente fosse, per l’appunto, la redazione di un Piano Regolatore e non di una serie interminabile di piani particolareggiati, parte dei quali non mi risulta abbia mai visto la luce, mentre altri sono stati al centro di dispute, contestazioni e rilievi da enti sovraordinati e preposti al controllo.
Nel tempo crebbero in maggioranza i malumori per l’inconcludenza di tale azione, che divenne manifesta anche ai consiglieri meno esperti di urbanistica, come me. Ricordo i continui richiami alla celere redazione del PRG praticati da molti consiglieri, oltre al sottoscritto in particolare Lina Lazzari e Mario Narcisi – per ciò che riguarda l’allora maggioranza consiliare. Ricordo chiaramente che, dopo circa due anni di mandato, in maggioranza ci fu uno scontro fortissimo tra il sottoscritto e il Sindaco, il quale continuava ad appellarsi all’indispensabile approvazione della legge urbanistica regionale. Risposi che non riuscivo a comprendere perché per San Benedetto era impossibile fare un Piano Regolatore senza la tanto invocata Legge Regionale proprio mentre altri comuni, come Jesi, approvavano il piano regolatore. Non ottenni risposta, ma chiunque in maggioranza potrà facilmente ricordare questa occasione.

Che il Piano Regolatore non figurasse tra i reali obiettivi di Giovanni Gaspari, del resto, lo testimonia proprio che dopo sette anni la sua elaborazione non è più all’ordine del giorno, in totale contraddizione con ben due programmi di mandato.

Dalle circostanze esposte appare chiaro che, rispetto alle responsabilità politiche dell’intera vicenda, queste siano da ricondursi in via esclusiva al Sindaco Gaspari ed ai tecnici da lui nominati, non solo sotto il profilo giuridico – che mi interessa poco – ma soprattutto sotto il piano politico. Se, da parte dell’allora maggioranza, si ritiene di dover assumere una colpa, questa colpa noi di Rifondazione l’abbiamo riconosciuta da anni: quella, grave, di aver riposto fiducia nella capacità e nella trasparenza del sindaco attualmente in carica ed aver prestato credito alla mole infinita di annunci che in questi anni sono stati propinati alla nostra città, dal Ballarin al Lungomare, dalla Grande Opera ai fantomatici parcheggi, dal Piano Regolatore Generale alla Bretella. Un errore di cui ci assumiamo piena responsabilità ed a cui abbiamo cercato di rimediare in tempi non sospetti, tentando di costruire una alternativa credibile a questa inadeguata classe dirigente.

Appare comunque davvero grottesco che la maggioranza, dopo una condanna di cui non ricordo precedenti negli ultimi vent’anni, trovi il coraggio di scrivere che i risultati raggiunti “attestano la bontà della scelta politica”. Capisco che si debba difendere a tutti i costi il “capo”, mi sarei aspettato un comunicato firmato dagli stessi soggetti e di una parola sola, “scusate”.

Mi pare infine necessario aprire una discussione più di metodo che può essere utile alla città, ovvero capire se, e quanto, conti per un dirigente il fatto di essere nominato e prorogato e rinnovato quasi di mese in mese dal sindaco in carica. In tempi non sospetti, in consiglio comunale e sui giornali, sostenemmo che questa procedura metteva a repentaglio la necessaria terzietà del dirigente. Crediamo che successivamente a questo episodio sia opportuno rivedere completamente i criteri di assegnazione degli incarichi all’interno del comune, sottraendoli all’arbitrarietà del sindaco e restituendo quindi piena libertà e dignità a chi è chiamato, per contratto e per missione, a prendere decisioni ed esprimere pareri potenzialmente in contrasto con la volontà degli eletti. Non è accettabile che si gestisca la macchina comunale con criteri privatistici e di rispondenza diretta al sovrano: questo nuoce enormemente a tutti, sia ai cittadini, sia ai dipendenti (che sono chiamati a rispondere del loro operato)”.

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