ITALIA – “Non rassegnarsi allo ‘spread del benessere sociale’, mentre si combatte quello della finanza”. Il richiamo è giunto ieri da Benedetto XVI nell’incontro con i diplomatici dei 179 Paesi accreditati presso la Santa Sede. Il Papa ha espresso “sgomento” per “le crescenti differenze tra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri”. Sulla questione Francesco Rossi, ha interpellato Riccardo Bonacina, direttore di “Vita” (www.vita.it), giornale promosso da realtà del non profit italiano.

Che reazione ha avuto alle parole di Benedetto XVI?
“Meno male che c’è il Papa! Negli ultimi interventi, tra cui il messaggio per la Giornata mondiale della pace, sta insistendo molto su quello che è un tema evidente a tutti, che non si può ignorare. Chi è in alto sta sempre meglio; chi è a piani inferiori vede invece peggiorare la sua situazione. Che il Papa richiami questa situazione in occasioni ufficiali è importantissimo”.

L’Italia ha le potenzialità per reagire e ridurre lo “spread sociale”?
“Dovrebbe innanzitutto prenderne coscienza a livello politico e tenerlo presente nelle ‘agende’ che si vanno moltiplicando in queste settimane. In secondo luogo la politica deve capire bene da dove ricominciare. Ad esempio, non si può ripartire dando i soldi alle banche, se non li fanno ricadere sull’economia reale e sui cittadini, né mettendo ulteriori balzelli o incrementando accise come quella sulla benzina. Bisogna invece individuare dove sono le energie della nostra società”.

Ovvero?
“De Gasperi negli anni del dopoguerra usava dire che quando lo Stato non ce la fa deve guardare ai suoi cittadini come risorsa. Chiediamo alla politica di accorgersi di quanta energia c’è dentro la società, da declinare nel lavoro, nella cooperazione – è l’unico settore che fa crescere il lavoro -, nella donazione – è una caratteristica del nostro popolo, nonostante tutti i balzelli e le poche facilitazioni – nel recuperare pezzi di territorio. A questo deve guardare la politica, valorizzandolo e non mortificandolo come avvenuto nell’ultimo decennio”.

A proposito di lavoro, il Papa chiede di recuperare “il senso del lavoro e di un profitto a esso proporzionale”. Mentre aumenta la disoccupazione, soprattutto giovanile. Che fare?
“È impressionante il dato della disoccupazione giovanile che riporta l’Istat, pari al 37,1%. Siamo superiori al livello dei Paesi del Maghreb. Per i giovani chiediamo che si rimetta innanzitutto mano al servizio civile, che ora rappresenta un’opportunità solo per pochi. È importante, soprattutto in questo momento di forte disoccupazione alla quale si sommano i 2 milioni di neet (giovani che non stanno studiando, né cerano attivamente lavoro, ndr), che vi sia una leva civica per i giovani italiani capace di educare all’impegno, al servizio, alla scoperta degli altri”.

In più occasioni ha sottolineato il ruolo del servizio civile…
“Bisogna uscire dalla vecchia legge e parlare di un servizio civile universale. È più morbido rispetto all’obbligatorietà, ma significa che chi compie 18 anni, fino ai 28, ha diritto di farlo. Gli enti pubblici sono disposti a mettere risorse che non arrivino solo dallo Stato centrale, come pure il non profit è disposto a contribuire. Ci sono tutte le premesse per fare una legge che sia un vero servizio al Paese e faccia fare un’esperienza di crescita ai giovani”.

Parlando di Paesi europei, il Papa ha detto che “insieme, tutti andranno certamente più lontano”. Come superare l’idea di un’Europa dei mercati a favore di un’Europa dei popoli?
“Semplicemente, bisogna volerlo. È una questione di coscienza civica e civile, e di volontà di perseguire politicamente alcune scelte, che non siano esclusivamente di aiuto ai mercati finanziari”.

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