Di Cristiana Dobner

La narrazione evangelica la conosciamo tutti, forse perché popolare e popolarizzata al massimo con la sua riduzione a…Befana, con tutto il contorno mediatico e di astuto business commerciale, risulta però estranea teologicamente, nel senso che la fede riflessa e matura (o almeno in cerca di maturazione) pone interrogativi che rimangono senza risposta, e risulta estranea anche nel semplice contesto quotidiano della vita.
Che cosa mai voleva dirci il Vangelo? Quale il suo messaggio profondo?
Quel fatto nuovo di allora ha senso oggi? In questa vita che scorre da pochi giorni nel 2013?
Se lo sguardo si posa sugli eventi che costituiscono il tessuto quotidiano di tutti noi, c’è da rabbrividire e da rimanere sgomenti: guerre e guerre sanguinose ci lacerano, bambini vengono addestrati ad uccidere e a comportarsi come mercenari; donne vengono stuprate in gruppo; embrioni a milioni vengono distrutti; la nostra economia fa…acqua e non sappiamo se e come riusciremo a stare a galla o invece soccomberemo al diluvio…
Oggi, quindi, i Magi possono e debbono arrivare a Betlemme?
È necessario entrare nel simbolo, non per dimenticare o anestetizzare la realtà, sì al contrario per coglierla dal di dentro, imprimerle la direzione di salvezza, riconoscere la nostra solitudine e, nel contempo, renderla abitata, farla diventare dimora di Chi è nato per noi.
Sulla stella cometa si sono sparsi fiumi d’inchiostro e chi volesse erudirsi non avrebbe che l’imbarazzo della scelta, ne acquisirebbe tante cognizioni, tante possibili ipotesi.
Se invece si considera tutto nel simbolo, accade un qualche cosa che entra dentro di noi, ci scuote e ci scuote al punto tale da imporci una direzione diversa, cioè mette in atto una conversione.
Non è una metafora astratta affermare che il nostro oggi è buio, basta osservarlo, come si è fatto prima, e avere il coraggio di riconoscere che il buio pesa e grava sulla coscienza.
Non credo che i Magi si trovassero in una situazione storica e personale migliore, hanno però, coraggiosamente, optato: abbandonate le sicurezze ed affrontata la precarietà di uno spostamento, senza volo prenotato online, senza Google Earth che localizzi la meta, si sono lasciati guidare da una luce che, indubbiamente, sospingeva, riscaldava, conduceva a certezza.
Una luce che solcava un cielo che, nottetempo, davvero era buio e non illuminato come il nostro; una luce che li avrebbe portati dove? Senza segnalazioni, senza localizzatori, senza squadra di appoggio.
Solo luce.
Il segno quando si sarebbe rivelato? La luce che si muoveva si sarebbe, al momento opportuno, ma assolutamente non prevedibile, arrestata una volta raggiunta la sua meta.
E la luce si arrestò: sul luogo dove si trovava una giovane coppia con un lattante.
Era sicura questa stella di aver compiuto la sua parabola e di potersene a tornare a vagare nello spazio?
La luce primordiale, quella ha brillato per la prima volta sulla creazione, già conteneva la luce di questa stella, destinata a rivelare al mondo, la vera Luce, quella che mai si sarebbe spenta, che mai avrebbe smesso di vegliare sull’umanità, quella che sarebbe in pienezza giunta alla Luce del Crocifisso Re, del Risorto che avrebbe squarciato la struttura di peccato dell’umanità, vincendo il grande nemico: la morte.
La nostra vita assomiglia a quel percorso dei Magi: viviamo nelle tenebre del peccato, sempre in agguato e sempre possibile; viviamo nelle tenebre della storia che può avvinghiarci e farci soccombere; viviamo nelle tenebre del nostro spirito che può lasciarsi sconfiggere.
Se però solleviamo lo sguardo verso l’alto e, simultaneamente, ci ascoltiamo dentro, avvertiamo vibrare una luce stellare che solca la storia e ci fa riconoscere nel lattante il Volto splendente di Luce Immortale di Colui che è il Risorto.

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