Articolo di Nicolas Abbrescia

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Beati gli operatori di Pace, perché saranno chiamati figli di dio”, è l’ultima delle beatitudini il tema centrale per il 2013 del messaggio del Santo Padre Papa Benedetto XVI, in occasione della giornata mondiale della Pace, istituita da S.S. Papa Paolo VI nel settembre del 1967 e che da 45 anni contraddistingue il primo gennaio.

La Diocesi di San Benedetto Del Tronto – Ripatransone – Montalto ha celebrato questa ricorrenza presso la Cattedrale della Madonna della Marina in San Benedetto del Tronto, con un evento religioso culminato con la consegna del Messaggio Papale ai politici della Diocesi da parte del Vescovo S.E. Mons. Gervasio Gestori, che nell’Omelia ha messo in risalto alcune parti salienti del messaggio. Tra le personalità del mondo politico locale che hanno presenziato in Cattedrale l’Onorevole Pietro Colonnella, il presidente della Provincia di Ascoli Piceno ing. Piero Celani e il Sindaco di Cupra Marittima prof. Domenico D’Annibali.

Di seguito potete leggere le parole del nostro Vescovo Gervasio Gestori

Carissimi,
iniziamo il nuovo anno 2013 celebrando questa Giornata mondiale della Pace, con la chiara intenzione di voler operare per un mondo migliore e con la decisa volontà di rendere pacifici tutti i suoi giorni in tutti i luoghi della nostra terra.
Le feste natalizie, che ancora stiamo vivendo, forse hanno rischiato di essere accompagnate da un vacuo sentimentalismo, di venire ridotte a fiaba per i bambini, di avere solo una valenza nostalgica o di subire l’abbassamento consumistico. Anche la parola “pace”, tante volte ripetuta nei discorsi di circostanza in queste feste, è stata pronunciata con una retorica inconcludente e senza quella carica di impegno che essa dovrebbe contenere.

La voce di Benedetto XVI fortunatamente si è fatta sentire ancora una volta, quale alto richiamo per tutti noi alla conversione del cuore ed al cambiamento della vita. La pace, infatti, non può, non deve assolutamente rimanere la vaga utopia, da dichiarare in certe occasioni, ma vogliamo che diventi concreta realtà per tutte le nazioni.

Noi credenti siamo convinti della possibilità che “le spade siano forgiate in falci” e che “al posto degli armamenti per la guerra subentrino aiuti per i sofferenti”, ma siamo anche convinti che questo potrà avvenire solo a condizione che le persone si lascino illuminare dalla Parola di Dio e che le agenzie educative aiutino a comprendere le assurdità delle violenze in tutte le loro manifestazioni, domestiche, sociali, politiche, rimuovendo le cause che generano tanti comportamenti delittuosi.

Noi credenti siamo convinti che dove non si dà gloria a Dio, soprattutto dove Dio viene dimenticato o negato, là non ci sarà neppure pace, perché Dio è Dio della pace, e nessuno, che sia vero credente, può compiere atti di guerra nel suo nome. Solo chi ha in mente una falsa idea di Dio può compiere in nome suo gesti di violenza.

E’ invece dagli egoismi umani che derivano le guerre. Non v’è dubbio, infatti, che molta conflittualità presente nel mondo sia determinata da situazioni di sfruttamento e dalla spregiudicatezza di chi mira a massimizzare i propri profitti.

Che cosa fare, dunque, perché ciascuno dia il suo contributo per l’eliminazione delle guerre e delle violenze e per la costruzione della pace?

Nel suo Messaggio per questa giornata Benedetto XVI ci offre alcune indicazioni. Il Papa parla di una “pedagogia della pace”, che richiede innanzitutto “una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati” (n. 7). Il Pontefice ricorda che questa pedagogia della pace ha bisogno anche della “pedagogia del perdono”, che sa dire no alla vendetta, sa riconoscere i propri torti, sa accettare le scuse senza cercarle, è convinta che il male si vince con il bene e che la giustizia va ricercata imitando Dio Padre che ama tutti i suoi figli.

Questa non è utopia, ma richiede “una visione nuova della storia umana”, capace di rinunciare alla “falsa pace”, talvolta promessa da tanti solo a parole e che poi “rende le coscienze sempre più insensibili”. “Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza” (ib.).

Fondamentale rimane l’apporto della educazione delle persone, dove il ruolo prioritario viene vissuto dalle famiglie. Scrive il Papa: “Nessuno può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia, cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico…La famiglia è uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della pace” (n.6).

Benedetto XVI fa appello poi alle comunità religiose. Esse attraverso la nuova evangelizzazione educano le persone alla verità ed all’amore di Cristo e, di conseguenza, contribuiscono alla rinascita spirituale e morale della società, premesse necessarie per una vita di

pace (ib.). Siamo infatti tutti convinti che il fattore autenticamente religioso sia fondamentale per costruire e per mantenere la pace.

“Una missione speciale nei confronti della pace è ricoperta dalle istituzioni culturali, scolastiche ed universitarie” e poi dal mondo politico, il quale però è bisognoso “del supporto di un nuovo pensiero, di una nuova sintesi culturale, per superare tecnicismi e armonizzare le molteplici tendenze politiche in vista del bene comune” (ib.).

Il Papa ricorda inoltre che per godere del grande bene della pace non basta “avere a disposizione molti mezzi…(perché) i molteplici beni funzionali allo sviluppo, quanto le opportunità di scelta, devono essere usati secondo le prospettive di una vita buona, di una condotta retta che riconosca il primato della dimensione spirituale e l’appello alla realizzazione del bene comune” (n.5).

Non manca infine un richiamo alla crisi finanziaria e economica, che rende pesante la vita di tante nostre famiglie e che toglie orizzonte alle aspettative di molti giovani. Per uscire da questo difficile momento occorre con coraggio guardare oltre e promuovere “la vita favorendo la creatività umana”, che sa trarre anche da questa situazione critica “un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico, (contro) quello prevalso negli ultimi decenni, che postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività. Invece, il vero e duraturo successo lo si ottiene con il dono di sé, delle proprie capacità intellettuali, della propria intraprendenza, poiché lo sviluppo economico vivibile, cioè autenticamente umano, ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono” (ib.).

Carissimi,

come potete comprendere, ciascuno di noi è chiamato a fare la propria umile parte nell’ambito della sua vita e della sua attività. Tutti abbiamo bisogno della pace, tutti vogliamo vivere in pace e quindi nessuno si tiri indietro. Anche la persona più semplice può sempre fare qualcosa ed offrire almeno quell’importante contributo, che è la preghiera, elevata al Signore, Datore della pace vera.

All’inizio di questo nuovo anno, quale augurio ripeto le parole ascoltate nella prima lettura:

“Il Signore vi benedica e vi protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di voi e vi sia propizio. Il Signore rivolga su di voi il suo volto e vi conceda pace”. Amen.

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