SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Fervono i preparativi per il pranzo di Natale nella Chiesa parrocchiale della SS. Annunziata: si impacchettano i regali per i bimbi che saranno consegnati da Babbo Natale in persona, si smistano le tovaglie e tovaglioli, si infiocchettano le stelle di natale per la tavola, si consegnano gli inviti. E poi c’è il gazebo da montare, i piatti da prendere, le pietanze da preparare…

L’esperienza del pranzo di Natale vede coinvolta tutta la comunità, promotore sono state alcune famiglie che come Centro di Solidarietà hanno fatto la proposta accolta e raccolta da tutta la comunità della SS. Annunziata e non solo.

Abbiamo chiesto a Nazzarena, della parrocchia e del Centro di solidarietà, di raccontarci innanzitutto dove è nata l’idea.

Da un gruppo di famiglie che partendo da una richiesta di aiuto, sebbene con inadeguatezza, hanno risposto, un si detto con paura, ma un si a un progetto del Signore. E si continua a andare avanti affidandosi alla provvidenza, dato che il progetto è quello del Signore non ci sono particolari progetti per cui avere finanziamenti. Perciò ci autofinanziamo, siamo una decina di famiglie che via via hanno coinvolto i propri figli. Siamo partiti da un’esperienza dia auto-aiuto per la tossicodipendenza, poi trovandoci in un quartiere popolare ci siamo chiesti come coinvolgere i bambini, cosa poter offrire. Così offrendo loro una merenda, un aiuto per i compiti, grazie alla disponibilità di alcune mamme, dei ragazzi più grandi che si mettono a disposizione, siamo presenti in questo quartiere. Anche la proposta del pranzo di Natale nasce da un’esperienza diretta. Alcuni avevano partecipato mettendosi al servizio al pranzo di Natale che la Caritas umbra realizza nella cattedrale di Perugia. Da qui l’idea di provarci anche qui da noi. Il primo anno è stato fatto nella sede del Centro di Solidarietà, in via Gronchi, eravamo una cinquantina, e al parroco don Gianni che partecipò chiedemmo di ripeterlo l’anno dopo ma in chiesa. Don Gianni ha accolto la proposta e così sono 8 anni che viene preparato il pranzo di Natale!

Come è organizzato concretamente il pranzo?
Tutti danno una mano: le signore che preparano i timballi, c’è chi si ferma dopo la messa a preparare i tavoli in chiesa e chi arriva dopo il pranzo a rimettere in ordine i banchi per la messa della sera, poi i giovani e anche i bambini che servono a tavola, chi allestisce la lavastoviglie, chi fa le porzioni… è un’esperienza in cui tutta la comunità è coinvolta. Anche la scuola! i bambini della scuola dell’infanzia preparano i segnaposto. È importante perché così vengono educati a questa sensibilità dell’accoglienza, e potranno continuare la tradizione sentendosene partecipi. Anche la Caritas diocesana invita tutti coloro che vi si rivolgono a partecipare. È l’unica esperienza nel territorio di questo genere. Gli anni scorsi alcune volte anche il vescovo ha partecipato.

Quindi la chiesa si trasforma in una sala da pranzo?
Si, l’intenzione è rendere la chiesa come una casa addobbata e preparata per il pranzo della festa. Per cui la scelta di mettere tovaglie di stoffa, servire nei piatti di porcellana pensiamo possa rendere il senso di una casa accogliente, per cui ognuno che passa possa sentirsi accolto. La sfida infatti è quella di riunire tante culture, religioni, persone perché l’amore è lo stesso.

Chi è invitato?
Sono invitati tutti coloro che o rimarrebbero soli o non saprebbero dove andare. Partecipano all’incirca 200/250 persone che arrivano da tutto il territorio cittadino. Per alcuni è diventato un appuntamento tradizionale. Ma tutte le famiglie possono fare l’esperienza del servizio, dell’accoglienza e della compagnia. Non è il pranzo dei poveri, non c’è l’intenzione di ghettizzare, anche perché siamo tutti poveri, c’è chi lo è per l’esperienza di vita meno fortunata ma ci sono anche le nostre povertà, quelle dentro di noi. Ci sentiamo per strada tutti, facciamo questo con entusiasmo, ma ci permette di recuperare l’essenziale, di riscoprire il vero senso del Natale nel dono. Perché solo il povero ti conduce a Dio, perché ti fa ritornare all’essenziale che è stato ricoperto da tutto ciò che ci arriva, il povero è lo specchio interiore delle nostre povertà che a volte nascondiamo.

Cosa significa per la comunità parrocchiale questo pranzo di Natale?
La cosa bella è che deve diventare sempre di più un’iniziativa di tutta la comunità, che si adopera, questo è importante sennò non ci sarebbe la presenza del Signore, sarebbe solo la presunzione di chi propone. È l’esperienza dell’accoglienza che si fa a partire dai più stretti, i vicini, a volte forse più faticosa, ma solo così si può allargare a tutti davvero, siamo tutti per strada.

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