Di Gabriele Filippini del Sir

VATICANO – Questa mattina, Benedetto XVI, ricevendo in udienza privata il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha autorizzato la promulgazione del decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Paolo VI. Nato a Concesio il 26 settembre 1897, il Pontefice è morto a Castelgandolfo (Italia) il 6 agosto 1978. Pubblichiamo una nota di Gabriele Filippini, parroco e giornalista a Brescia.

I papi del XX secolo sono tutti grandi. Fra questi Paolo VI risplende di una grandezza peculiare per la complessità dei 15 anni del suo pontificato, iniziato nel 1963 raccogliendo da Giovanni XXIII la difficile eredità del Concilio e concluso nel 1978, nel vortice degli “anni di piombo” segnati dall’assassinio di Moro.
Fu una stagione di sofferenza per colui che doveva guidare la Chiesa sulle strade del rinnovamento conciliare. Vi erano coloro che volevano correre, premendo l’acceleratore e bruciando le tappe col rischio, evidente e reale, non immaginario, di bruciare anche verità e valori irrinunciabili della tradizione cristiana. E vi erano altri che premevano sul freno, accusando la Chiesa di dissipare e tradire il “deposito della fede”. Paolo VI, guardando con amore gli uni e gli altri, ha accettato incomprensioni e si è collocato con mitezza e serenità dentro la bufera, sotto la croce, tenendo sempre fisso lo sguardo a Cristo Signore, docile allo Spirito. Fu questa la sua forza, la fonte del suo coraggio, il sostegno nelle sue solitudini e la fonte del suo equilibrio anche verso offese e pressioni.
L’amore a Cristo, alla Chiesa e all’umanità hanno sorretto la sua illuminata azione e il suo lucido Magistero, ancora fresco e attuale.
Ma la profonda spiritualità di papa Montini non è iniziata il giorno della elezione al soglio pontificio: veniva da lontano. Affondava le sue radici nella educazione ricevuta in terra bresciana, permeata di cattolicesimo vero e autentico: nella sua famiglia imparò l’abc del cristianesimo e vedendo l’operosità, frutto della fede, di tanti sacerdoti e laici della sua terra, capì fin da bambino il fascino del cristianesimo. Da adolescente e da giovane, frequentando la scuola cattolica dei gesuiti e gli ambienti dei padri filippini della Pace si rinsaldò ancor più nella convinzione che con Cristo l’umanesimo raggiunge il vertice del suo valore e del suo splendore.
Divenuto sacerdote, nelle sue molteplici attività al servizio della Santa Sede e come assistente della Fuci, non rinnegò mai in nome dell’apostolato attivo la vita interiore e la dimensione contemplativa della vita, convinto che l’anima di ogni apostolato è proprio l’ intima comunione col Signore.
Arcivescovo di Milano affinò il suo cuore di pastore, imparando ancor più alla scuola del Cristo, a cercare la pecora smarrita, a sentire compassione per folle bisognose e assetate di verità.
La vita di Paolo VI è affascinante. Lo si scopre ancor di più col passare degli anni e il crescere di pubblicazioni e biografie. E si scopre pure che tutta l’esistenza di papa Montini è segnata dalla cifra della santità.
Una santità moderna, centrata su Cristo e fonte di un meraviglioso intrecciarsi di virtù umane e cristiane. L’amore a Cristo in Paolo VI si è tradotto in tante scelte umanissime, in una grande finezza e sensibilità verso l’uomo, in un amore smisurato alla Chiesa.
L’intera vita di papa Montini dimostra che è la santità la più alta forma di missione e evangelizzazione, dimostra che “chiunque segue Cristo, uomo perfetto, diviene lui stesso, più uomo.” E non va dimenticato, abbattendo un ingiusto luogo comune che vuole papa Montini triste e afflitto, che il cristiano, il santo è un uomo di gioia. E Paolo VI sapeva gioire e comunicare gioia. É l’unico Papa della storia che ha dedicato un documento alla gioia.

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