ROMA – “Collaboratori della vostra gioia. La passione di educare insieme” è il tema del convegno educatori dell’Azione Cattolica Ragazzi (Acr) e del Settore Giovani che si svolgerà a Roma dal 14 al 16 dicembre 2012 nelle due sedi della “Domus Pacis” (ragazzi) e della “Domus Mariae” (giovani). “Un appuntamento importante – spiegano i responsabili – che si colloca nel solco del cammino della Chiesa italiana, dedicato per questo decennio all’‘educare alla vita buona del Vangelo’”. Le tre giornate di lavoro si apriranno con un momento comune venerdì 14 alla “Domus Pacis”, presenti il vescovo e assistente generale mons. Domenico Sigalini, il presidente nazionale Franco Miano e la biblista Rosanna Virgili. Nella giornata di sabato i lavori proseguiranno separatamente, dedicati per il settore ragazzi al tema dell’educazione alle “emozioni” (vari relatori tra cui psicologi, teologi ecc.); per il settore giovani si parlerà invece di affettività, impegno sociale, servizio, accompagnamento spirituale, identità associativa. Tra gli altri interverranno il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria e i vescovi mons. Matteo Zuppi e mons. Angelo Spinillo. Il convegno si concluderà domenica 16 dicembre con un momento unitario e la messa presieduta da mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei. Sui contenuti e le finalità del convegno Luigi Crimella, per il Sir, ha intervistato Marco Sposito, vicepresidente nazionale per il Settore Giovani, e don Dino Pirri, assistente centrale dell’Azione Cattolica Ragazzi.

Sposito, la vostra tavola rotonda ha per titolo “Educare: infinito del verbo sognare”. Perché?
“Vogliamo approfondire la figura dell’educatore oggi per l’associazione, per la società italiana, per la Chiesa. C’interrogheremo su ‘che educatore sogniamo’ per i nostri giovanissimi, ecco il perché del titolo. Ma, sognando gli educatori, stiamo in un certo senso sognando su di noi, sul nostro compito, sulla responsabilità che abbiamo nell’essere insieme educati ed educatori dentro l’Ac”.

Quale rapporto c’è tra educazione e formazione religiosa?
“L’Ac, con i suoi 350 mila aderenti, rappresenta un po’ tutta la ricca e variegata realtà delle diocesi italiane. Gli oltre mille educatori impegnati in tutto il Paese per i giovani e per i ragazzi s’ispirano all’insegnamento di Gesù ‘educatore’. Su questo in particolare rifletteremo al convegno nella prima giornata, con l’aiuto del presidente nazionale Miano e della biblista Virgili. La lettura biblico-teologica delle proposte educative in Azione Cattolica è sempre stata fondamentale”.

Cosa offrite ai giovani che si avvicinano all’associazione?
“I ragazzi che si avvicinano all’Ac nell’età adolescenziale vogliono sperimentarsi e mettersi in gioco. L’associazione offre un percorso che propone di vivere da protagonisti all’interno delle parrocchie e nella Chiesa, legato alla vita della propria comunità. Si tratta di una proposta fondata su relazioni sane, su una vita autentica, offrendo momenti di confronto e riflessione su tutti i loro problemi e le tensioni. Per questo al convegno parleremo di affettività, d’impegno sociale, di servizio. L’Ac propone ai giovanissimi di essere protagonisti della propria vita, non solo di quella personale ma anche di quella pubblica, ecclesiale e civile”.

Che tipo di spiritualità viene proposta?
“Per i giovani e giovanissimi l’associazione offre da anni un percorso di spiritualità con una propria ‘regola’. C’è una guida apposita, gli ‘Appunti per una regola spirituale’, che viene adottata dagli educatori. Si suggerisce anche l’accompagnamento di un padre spirituale secondo l’antica tradizione cristiana, oltre che la pratica degli esercizi spirituali adatti all’età giovanile. L’attenzione alla spiritualità rimane uno dei punti focali della proposta di Ac: è l’incontro con il Signore che cambia la vita e rende capaci di essere protagonisti in tutti gli ambienti dell’esistenza”.

Don Pirri, perché il convegno per l’Acr si dedica alle “emozioni”?
“Al centro della proposta formativa dell’associazione c’è il protagonismo dei ragazzi, indicato dal progetto catechistico della Cei. Questo ‘protagonismo’ non s’improvvisa, tantomeno s’impara a ‘fare’ il cristiano per poi esserlo ‘da grande’. Quindi le emozioni sono un fattore da conoscere per poterlo armonicamente inserire nello sviluppo del ragazzo. I ragazzi, per l’Ac, non sono solo oggetto di attenzione, ma sono anche soggetti in missione. Il ragazzo di Azione Cattolica ‘parla’ del Vangelo ai suoi genitori, ai suoi amici, al suo ambiente. C’è sempre un’apertura missionaria nei confronti dei luoghi in cui abitano”.

Avete qualche “sistema” particolare per invogliare i ragazzi a partecipare?
“Non consideriamo i ragazzi delle ‘scatolette’ da riempire, ma ci mettiamo in ascolto della loro vita e della loro fede. Questo è il modo sostanziale di fare educazione in Ac. Ai genitori offriamo un libricino, ‘Formato famiglia’ è il titolo, con il quale spieghiamo cosa i loro figli fanno mese per mese. Abbiamo molto a cuore la relazione con la famiglia per coinvolgerla. Vorremmo che tutti si sentissero accolti e valorizzati, oltre che accompagnati”.

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