MONTEPRANDONE – Mercoledì 28 novembre presso il Santuario di Monteprandone è stato festeggiato San Giacomo della Marca.

Presenti alla cerimonia presieduta dal vescovo Gervasio Gestori, tantissimi frati e sacerdoti provenienti da tutta Italia.
Un altro appuntamento importante sarà sabato 1 dicembre:
Ore 16.00 incontro dei Sindaci della Rete di San Giacomo della Marca
Ore 17.30 Santa Messa presso la Chiesa San Niccolò (centro storico) presieduta dall’Arcivescovo Metropolita Emerito di Perugia Giuseppe Chiaretti
Ore 18.30 Corteo storico con tutte le confraternite e della delegazione dei comuni

Adesso vi proponiamo le parole pronunciate dal Vescovo Gervasio Gestori durante la Messa per la Festa di mercoledì 28 novembre: Oggi ricordiamo solennemente San Giacomo della Marca, un autentico figlio di San Francesco, nel suo paese di nascita e nel santuario da lui voluto. Egli ebbe a cuore il bene della Chiesa del suo tempo e si impegnò con tutte le sue energie ad annunciare il Vangelo di Cristo, cercando di riportare i lontani alla fede ed i peccatori alla conversione. Era la sua missione principale di sacerdote e di frate francescano.

Egli però non si limitò a questo lavoro apostolico di ordine spirituale, ma volle dedicare le sue forze umane e la sua autorevolezza religiosa alla lotta contro i molti mali sociali, che imperversavano al suo tempo: le guerre intestine, le molte ingiustizie, le diffuse povertà.

Vorrei allora fermarmi su questo ultimo aspetto, anche perché il nostro tempo sta vedendo tante famiglie  vivere in mezzo a pesanti difficoltà per le crisi occupazionali e deve osservare che molti giovani sono tentati di perdere la speranza, perché il loro futuro appare senza possibilità di lavoro. Tante persone, anche a noi vicine, oggi faticano per arrivare verso la fine del mese e devono indebitarsi per poter andare avanti. Stiamo vivendo momenti duri.
San Giacomo aveva uno sguardo particolare per i poveri, conosceva bene i bisogni morali e materiali del popolo, non mancava di alzare la voce in difesa di quanti  soffrivano la miseria e subivano ingiustizie da parte dei ricchi, e si diede da fare per venire incontro alle più impellenti necessità degli emarginati della sua società.
Volle istituire i Monti di Pietà, per venire in soccorso di tante indigenze e si impegnò in maniera forte e generosa a combattere l’usura, allora assai diffusa, anche perché nel mondo cristiano c’era la convinzione che non si potesse lecitamente prestare denaro con interessi, anche minimi, a causa di una lettura troppo letterale della Sacra Scrittura. La conseguenza era che chi non assecondava questa mentalità poteva approfittare per esigere tassi elevati, che riducevano alla miseria estrema i bisognosi.
Con i Monti di Pietà S. Giacomo operò un tentativo per rimediare alla piaga dell’usura, concedendo in prestito piccole somme senza interesse e dietro consegna di un pegno di valore non inferiore al bene, da restituire con l’estinzione del debito o da vendere per rimborsare il Monte di Pietà.

Questo operare concreto, con interventi di vero interesse sociale, trovava la sua profonda motivazione nel Vangelo, che insegnava come il Regno di Dio è per coloro che si fanno servitori dei fratelli più poveri. Ed inoltre, S. Giacomo aveva ben presente che Cristo, Figlio di Dio, “da ricco che era si fece povero per arricchirci con la sua povertà” (1 Cor 8,9). Non a caso il simbolo dei Monti di Pietà era il Cristo deposto dalla Croce. Gesù ormai ridotto a corpo privo di vita, Lui, il Figlio di Dio, era in quel momento destinato al sepolcro, il segno della sua ultima umiliazione. Da Autore della vita si era annientato fino alla morte.
S. Giacomo tuttavia non si limitò ai Monti di Pietà, per soccombere gli indigenti, ma chiedeva con forza ai più abbienti di venire incontro ai poveri perchè saldassero loro i debiti con offerte, o mediante il riscatto dei pegni, o con il pagamento per uscire di prigione.
Predicava contro l’usura, invitava i ricchi a prestare attenzione ai poveri, sollecitava tutti a non essere avari anche nelle piccole cose, ma soprattutto cercava di costruire una mentalità nuova, persone non egoistiche, veramente attente alla fraternità ed alla solidarietà. Predicava la conversione della mente e il rinnovamento del cuore, perché poi si aprisse la borsa e si agisse con giustizia e con carità.

Combatteva l’attaccamento al denaro e faceva appello a quanti si dichiaravano cristiani, perché desistessero da ogni opera di sfruttamento e si preoccupassero della salvezza  della propria anima. Aveva a cuore la giustizia tra persone, perchè considerate tutte uguali davanti al Signore.

In un mondo profondamente cristiano, come quello di allora, il suo appello riusciva ad avere una larga e forte efficacia nelle coscienze, anche in quelle di quanti erano maggiormente lontani dalla pratica religiosa. Oggi le cose sono molto mutate. La minaccia del giudizio di Dio non ha molta presa sulle persone, spesso insensibili al richiamo religioso e talvolta anche sorde al senso della giustizia. Troppi cuori si sono induriti e non reagiscono più di fronte a tante situazioni di povertà. Non bastano le emozioni di un momento, pur belle, né sono sufficienti i buoni sentimenti davanti a chi sta soffrendo o subendo una ingiustizia, per riuscire a cambiare la società. Occorre una presa di coscienza pubblica, che nasca da una profonda convinzione interiore, capace di produrre gesti concreti e interventi efficaci a livello sociale e politico, perché le disuguaglianze siano vinte e le ingiustizie riparate.

I mali del nostro tempo domandano un rilancio del senso della giustizia, della uguaglianza, della solidarietà e questo non può avvenire senza la collaborazione di tutti. Occorre riprendere ad educare alla legalità, anche perché molti non credono al rispetto delle norme, alcuni cercano di fare i furbi e di riuscire a farla franca.

Occorre serietà nella vita personale, dobbiamo riassumere l’onestà nell’operare, ed è necessario che queste non siano soltanto belle parole. Esiste un’Italia che fatica, che soffre, che lavora onestamente, per fortuna. Esiste ancora un’Italia che non si lascia andare allo scoraggiamento e crede nel futuro lottando a denti stretti. Questa Italia reale va ascoltata e sia valorizzata, perchè riesca a produrre quelle conseguenze socio-politiche, di cui il nostro Paese ha urgentemente bisogno e che è stato capace di suscitare in tempi passati certamente non meno facili degli attuali. Questa Italia umile e vera non abbia paura di andare avanti!

Ci manca la forza? Rimaniamo disorientati? Siamo tentati di scoraggiamento? Ci sentiamo soli? Ecco l’esempio del  nostro Santo, ecco il bisogno della sua protezione, ecco la necessità della preghiera, perchè ciascuno veramente riesca a fare la propria parte, senza tirarsi indietro con scusanti di comodo.

San Giacomo, sì, interceda per noi, suoi figli devoti e fratelli della terra Picena, che oggi siamo accorsi da lui per onorarlo e per imitarlo. Ci ascolti. Amen”.

Al termine della celebrazione è stata inaugurata la sala di San Giacomo della Marca, dove i dipinti sono stati tutti restaurati, come ha ricordato Padre Marco, grazie ad un benefattore che è voluto rimanere anonimo.
Dopo il taglio del nastro, il Sindaco Stracci ha donato l’anfora con dentro l’olio per la lampada del Santo.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *