VATICANO – Nella mattinata di martedì 20 novembre è stato presentato nell’aula Pio X, a pochi passi da via della Conciliazione, il terzo ed ultimo volume della trilogia che Benedetto XVI ha dedicato alla figura di Gesù.

Il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha aperto l’incontro ricordando che l’ultima fatica letteraria del papa teologo uscirà domani nelle librerie di 50 paesi in 8 lingue per essere poi stampato nei prossimi mesi in 20 lingue e distribuito in 72 paesi.
Padre Lombardi ha ricordato come il volume sia la conclusione di una trilogia pensata da Ratzinger nel 2002, quando era ancora Cardinale
Di particolare rilievo è stato l’intervento del Card. Ravasi che ha inteso sintetizzare l’opera del pontefice in 4 punti.
La prima chiave di lettura offerta dal porporato è quella del binomio storia-fede. Il Card. Ravasi ha sottolineato come tutto il libro sia segnato dal tentativo di collegare la fede con la storia. La narrazione evangelica infatti non inizia con il “c’era una volta” delle favole, al contrario Gesù è nato in un determinato tempo e in un preciso spazio. Nel mistero dell’Incarnazione, ha precisato, l’universale e il concreto si toccano a vicenda.

Secondo l’alto prelato, nel libro emerge come il pontefice non intenda i testi evangelici come una sorta di letteratura midrashica, sganciata dalla realtà dei fatti. Il mistero del divino che irrompe nella storia è uno scandalo per il pensiero moderno, perché al divino si riconosce un’azione sullo spirito e sulla coscienza ma non sulla materia e questo pensiero, purtroppo così diffuso, non fa che oscurare l’onnipotenza di Dio che invece opera, attraverso l’Incarnazione, su tutta la realtà, materia inclusa.

La seconda chiave di lettura va cercata, sempre secondo la visione di Ravasi, nel binomio storia-profezia. Le ricche citazioni e reminiscenza bibliche presenti nei vangeli dell’infanzia devono essere lette come “parole in attesa” secondo l’espressione del poeta Rilke. Sia la letteratura veterotestamentaria che quella extra biblica sono dense di un’attesa che viene appagata solo con l’evento dell’Incarnazione.

Un’ulteriore chiave di lettura si trova nel binomio autore-lettore. Il Cardinale ha ricordato come ogni pregevole opera letteraria non sia esclusivamente informativa, ma abbia sempre un linguaggio performativo che “artiglia” le coscienze. Leggendo i vangeli non basta chiedersi cosa essi dicano in loro stessi (movimento centrifugo), ma necessariamente il lettore dovrà chiedersi cosa dice al suo io (movimento centripeto)

Di non secondaria importanza è il rapporto fede-politica. Si possono vedere da parte dei potenti, presenti anche nei vangeli, un duplice atteggiamento nei confronti del Regno di Dio: da una parte c’è chi attrae a sé il Regno di Dio arrecando inevitabilmente ad esso danno, dall’altra parte c’è chi combatte il Regno e desidera schiacciare la fede perché essa ha un misterioso potere Il presule ha infine elogiato la chiarezza del linguaggio del Santo Padre che pur trattando temi di altissimo livello li rende fruibili a chiunque.

Il cardinale, ironizzando ha citato una frase del filosofo Wittgenstein: “Tutto quello che si può dire, si può dire chiaramente” aggiungendo che egli ha poi disatteso tale massima! Benedetto XVI invece usa uno stile limpido e lineare per proporre all’uomo di oggi la figura di Gesù

Il cardinale ha concluso il suo intervento con la lettura di un pezzo del filosofo ateo Jean Paul Sartre scritto nel 1940 in occasione del Natale

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