EUROPA – “La sua ispirazione cristiana, fecondata dal Vangelo, ne ha fatto un politico coerente, capace e moderno”. Padre Bernard Ardura parla di Robert Schuman (1886-1963), uno dei “padri dell’Europa”, con passione e, al contempo, con rigore storico. Sir Europa lo intervista nella sua duplice veste di presidente del Pontificio Comitato di scienze storiche e di postulatore della causa di beatificazione di Schuman, cui si deve la famosa Dichiarazione del 9 maggio 1950, considerata la pietra fondativa dell’integrazione comunitaria. In vista del cinquantesimo anniversario della morte, è stato proclamato dall’Institut Saint-Benoît – creato per sostenere la causa di beatificazione – un “anno Schuman”, che si chiuderà nel settembre 2013.

La vita di Schuman è un concentrato di “europeismo”. Quali i tratti essenziali?
“Robert Schuman era nato in Lussemburgo alla fine dell’Ottocento, con nazionalità tedesca trasmessagli dal padre, per poi vivere la maggior parte del suo impegno professionale e politico in Francia, dove finisce i suoi giorni – a Scy-Chazelles, non lontano da Metz – nel 1963. Parlava perfettamente francese, tedesco e lussemburghese; si trovava a suo agio nella cultura francese e in quella tedesca. Possiamo dire che era un uomo destinato a superare le frontiere. Un cittadino d’Europa. Un cittadino credente. Fin dalla giovane età, la famiglia lo avvia all’esperienza di fede, che egli interpreta con particolare intensità. Non una fede sbandierata, ma vissuta in profondità. Sin da adolescente legge la Bibbia, studia Tommaso d’Aquino. Cerca spazi di silenzio e di preghiera, partecipa alla messa ogni giorno, anche nei momenti di massimo impegno politico”.

Dunque una spiritualità intensa che però non lo allontana dall’impegno politico…
“Al contrario. È la sua fede che lo guida a spendersi per il bene comune. Probabilmente in età giovanile Robert Schuman aveva pensato al sacerdozio. Ma poi sceglie la laicità, la professione, il servizio in campo politico. Non si sposa, per dedicarsi totalmente a questa diaconìa. Nella sua biografia figurano anche momenti difficili: la scomparsa dei genitori, la prigionia in Germania durante la seconda guerra mondiale, la fuga dal lager, la clandestinità. Al termine della guerra riprende l’attività politica, iniziata sin da giovane, e gli incarichi governativi. In tutto questo percorso si evidenzia un tratto di fondo, che diventa un messaggio universale: la coerenza tra la fede professata e la vita vissuta”.

Schuman è ricordato, fra l’altro, per la Dichiarazione del 1950, dalla quale sorgerà la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca, 1951), primo caposaldo della costruzione comunitaria. Quale il significato di questo momento della sua vita?
“La Dichiarazione è un punto di arrivo di una lunga riflessione sull’Europa e sulla pace. Preparata assieme a Jean Monnet – altro padre dell’Europa, con il tedesco Adenauer e l’italiano De Gasperi -, vorrebbe interrompere il circolo vizioso delle guerre che, dal 1870 fino al 1945, hanno opposto Germania e Francia, causando lutti e disastri in tutto il continente. Schuman – allora ministro degli esteri francese – comprende che occorre andare oltre lo spirito di rivincita e di odio che passa per la frontiera franco-tedesca e che è necessario, dopo la guerra mondiale, riportare la Germania nel consesso europeo. La strada scelta è quella della gestione comune di interessi concreti, appunto il carbone e l’acciaio, che sono anche le materie prime dell’industria bellica. Dagli interessi concreti si sarebbe poi passati, nella visione di Schuman e Monnet, a una più stretta condivisione dell’economia e ciò avrebbe richiesto una reale integrazione politica. Ma il grande obiettivo della Dichiarazione, e dunque di Schuman, è la pace”.

Un messaggio che appare di estrema attualità. Non è vero?
“Direi proprio di sì. L’Europa comunitaria di Schuman richiedeva la rinuncia ad alcuni aspetti della sovranità nazionale per perseguire un bene superiore. Mi pare che sia quanto sta avvenendo ora sul piano economico e monetario e sul piano politico. Unire le forze e gli interessi era allora l’unico modo per creare un consorzio di nazioni che peraltro avevano, e hanno, in comune svariati elementi storici, culturali, valoriali. Una unità nella diversità… Per Schuman l’Europa rappresentava un’idea ispiratrice: da qui la sua espressione ricorrente: ‘dare un’anima all’Europa’. E questo è un messaggio attuale. L’Unione europea dev’essere realistica, concreta, ma ha bisogno di valori morali e culturali comuni: pace, solidarietà, servizio al bene comune, onestà…”.

Come procede il processo di beatificazione di Schuman?
“La causa di beatificazione per certi versi si può definire ‘facile’, nel senso che Schuman è un uomo e un politico che non ha detrattori e nella fase diocesana si sono raccolte innumerevoli testimonianze sulla sua fede limpida e profonda. Ma si può anche dire che sia ‘difficile’, nel senso che non ha lasciato scritti di spiritualità oppure testi centrati su qualche aspetto della vita di fede. L’unico libro che porta la sua firma, intitolato ‘Pour l’Europe’, è una sorta di testamento politico. Del resto occorre sempre considerare questa capacità di Robert Schuman di incarnare la Parola e le virtù cristiane nella quotidianità. Qui risiede il suo grande messaggio cristiano”.

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