Di Riccardo Moro del Sir

FIRENZE – Trentacinque anni fa, il 5 novembre 1977, si spegneva Giorgio La Pira, il grande sindaco di Firenze. Il suo magistero nella politica e nella cultura dei cattolici democratici italiani – ma più ampiamente in tutta l’Italia di cui siamo figli – ha spaziato dalle questioni sociali alle grandi iniziative internazionali. È stato un magistero alto, caratterizzato da una sistematica coerenza tra elaborazione culturale e azioni concrete. Leggere i suoi interventi oggi, attraverso i mille scritti che ci rimangono, illumina tuttora il cuore, per l’intensità e la chiarezza del loro impegno, per la lungimiranza e il rigore delle prospettive. Ma quella capacità di leggere i segni dei tempi non si fermava all’esercizio intellettuale, si trasformava in impegno politico per ricercare concretamente il cambiamento con azioni e gesti concreti. In questo modo nascevano battaglie e operazioni come quella per salvare il lavoro delle famiglie del Nuovo Pignone o la convocazione a Firenze dei Colloqui del Mediterraneo, che alimentarono la modernissima e splendida intuizione del sentiero di Isaia, luogo privilegiato comune delle tre grandi religioni monoteistiche e passaggio obbligato per un dialogo internazionale che porti alla pace.
L’anniversario della scomparsa di La Pira è in sintonia felice con l’altro anniversario celebrato in questi giorni, il 50° dell’apertura del Concilio Vaticano II. Con il Concilio la Chiesa sceglie di non voler più rimanere arroccata sul Colle Vaticano a giudicare il mondo con severità, ma di scendere nel mondo a cercare di vivificarlo, come sale nella terra, affidando questo compito ai laici. La Chiesa del Concilio non è un’organizzazione gerarchica piramidale che contratta il rispetto del proprio spazio in un mondo ostile, ma è la grande comunità dei credenti che si alimenta della Parola di Dio e cerca nel mondo il volto di Cristo e la sua dimora, arricchendosi proprio del dialogo con i lontani. Nasce una stagione nuova che vede i laici cristiani impegnati quasi testardamente nella costruzione di un mondo orientato al bene comune, attraverso percorsi scelti con autonomia e maturità che portano non raramente ad assunzioni di responsabilità pubbliche.
Giorgio La Pira è uno degli esempi più luminosi dell’impegno di quella nuova stagione. La politica nazionale, prima alla Costituente poi al governo, il servizio alla città di Firenze e l’inesauribile attività di dialogo internazionale degli anni seguenti, sono fasi successive di uno stesso impegno di un cristiano al servizio dell’uomo che ha orientato i suoi contemporanei e tuttora, attraverso le opere nate intorno alla sua azione, educa i più giovani.
Nell’Italia contemporanea, che vive una crisi confusa dalla quale fatica a emergere un passo nuovo per la politica, la testimonianza di Giorgio La Pira è preziosa per ispirare il cammino, invitando a collocare sempre nella dimensione internazionale ogni progetto e a percorrere instancabilmente la via del dialogo per ricercare soluzioni concrete e nuove. Per seguirla con frutto sono essenziali, però, tre doni di cui La Pira era ricco: una grande libertà interiore, una volontà tenace e disinteressata, una profonda umiltà. Doni che, lo diciamo con rammarico, oggi sembrano troppo spesso dimenticati.

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