LIBANO – Si è concluso da poco il viaggio di Benedetto XVI in Libano e la trasmissione “A sua immagine”, andata in onda su Rai1, ha dedicato ampio spazio a questo importante evento. Nella trasmissione di Rosario Carello è stato ricordato come il Libano, uno stato dove le religioni cercano di convivere pacificamente, abbia una particolare struttura governativa: il Presidente della Repubblica deve sempre essere di religione cristiana, quello del Parlamento sciita e il Primo Ministro sunnita.

In un servizio, in particolare è stato messo in evidenza come giovani musulmani e cristiani abbiano accolto insieme l’arrivo del Papa con  una veglia di preghiera che si è tenuta in piazza dell’Annunciazione. L’autore del servizio ha spiegato che il Libano è l’unico paese del mondo in cui la festa dell’annunciazione è festa nazionale e questo perché Maria è venerata allo stesso tempo sia dai cristiani che dai musulmani.

L’episodio dell’annunciazione, ha continuato, è descritto sia nel Vangelo di Luca che nella sura 19 del Corano e dunque la figura di Maria costituisce un punto di contatto fra i fedeli delle due religioni.  Partendo da questo punto in comune, durante la veglia, un giovane cattolico ha letto la sura 19, mentre un giovane musulmano ha letto il capitolo del Vangelo di Luca.

Dunque veramente la Vergine Maria può essere considerata una specie di ponte fra il mondo cristiano e quello musulmano? Le cose purtroppo non sono così semplici come appaiono. Non si può dimenticare che il Corano per i cristiani, come il Vangelo per i musulmani, non è un testo ispirato e soprattutto che i due brani mettono in evidenza due sensibilità religiose completamente diverse. Mentre nel Corano Maria è una figura completamente passiva davanti alla volontà di Dio e concepisce Gesù (un profeta fra gli altri) per esclusivo desiderio di Allah, la Maria del Vangelo deve dire il suo “Sì” perché Gesù (il Figlio di Dio) possa essere concepito nel suo seno. Nel passo evangelico c’è tutto il dramma dell’uomo e della sua libertà davanti al Mistero, tema che è invece assente nel corrispettivo coranico.

È sicuramente lodevole che cristiani e musulmani abbiano cercato di trovare un percorso comune, tuttavia non è il terreno teologico il sentiero più facile da percorrere. Cercare per forza un punto di contatto dove questo manca significa, sia per i cristiani che per i musulmani, annichilire il proprio credo religioso.

L’unica soluzione per vivere pacificamente insieme, sta nel reciproco riconoscimento della dignità della persona umana: solo se cristiani e musulmani arriveranno a vedere in ogni uomo, al di là dei suoi convincimenti religiosi, un bene assoluto, allora cesseranno, o si attenueranno, i conflitti religiosi.

Inoltre, perché le due religioni possano contribuire alla costruzione della pace, è necessario che i fedeli di entrambe si sforzino di conoscere le altre tradizioni religiose e di scorgere in esse gli aspetti positivi. Ad esempio i cristiani potrebbero tenere in gran stima il forte senso della comunità che è presente nel mondo musulmano, come anche il tipico carattere ospitale dei sei seguaci di Maometto. I musulmani invece potrebbero apprezzare degli aspetti del cristianesimo come la libertà e la tolleranza.

In ultimo, cristiani e musulmani possono promuovere insieme la giustizia sociale e la pace, come ricorda la Dichiarazione Conciliare “Nostra aetate” (n. 3). La costruzione di una scuola, di un ospedale o l’impegno di leader religiosi in favore della pace sono tutte realtà che si possono concretamente realizzare per il bene comune.

Una simile collaborazione potrebbe essere vista come inopportuna da alcuni settori della comunità ecclesiale perché mancherebbe, a loro dire, di annuncio evangelico. Bisogna invece pensare che quando i cristiani si impegnano in questa opera, non abdicano alla diffusione del Vangelo, ma la mettono in pratica, perché nel momento in cui collaborano con i fedeli di altre religioni e promuovono fattivamente la pace, stanno spianando la strada a Colui che della pace è il principe.

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