Fra Enrico Ci parli di lei. Quali sono i ricordi della sua infanzia?
Tanto per cominciare preferirei darci del “tu”. Sono un frate minore, e frate vuol dire fratello… ad un fratello si può parlare con fiducia e affetto, con familiarità e amicizia.
Sono nato e cresciuto a Jesi, ho un fratello gemello e una sorella più grande. La mia famiglia mi ha sempre educato alla fede e ad un forte legame ad alcune piccole tradizioni familiari. Uno dei ricordi più belli della mia infanzia è la preparazione del Presepio. Da sempre si andava l’8 dicembre a raccogliere muschio e piccoli pezzi di corteccia di alberi per la scenografia, poi i giorni seguenti si faceva il Presepio: era una festa, ci impiegavamo diverse sere… le rocce, il cielo, le montagne, il muschio, le lucine. Poi il “rito” delle statuine: dallo scatolone si tiravano fuori ad una ad una, si scartavano dalla carta di giornale che le proteggeva e si disponevano sul tavolo. Chi, di noi tre fratelli, trovava il “bambinello” aveva il diritto di nasconderlo e di metterlo sulla greppia la notte di Natale al ritorno della Santa Messa di mezzanotte. Era davvero una attesa, era davvero una festa, una gioia. Anche oggi vivo l’attesa del Natale con tanta trepidazione e sono rimasto, da buon francescano, appassionato di presepi.

Quando e come ti sei accorto di avere la vocazione? Cosa hai provato quando sei stato ordinato?
Ho sentito il Signore che mi chiamava a diventare frate minore a 15 anni. Sono cresciuto vicino ad un convento di frati e il vederli tutti i giorni mi ha fatto innamorare della figura di San Francesco. Ho cominciato a frequentarli e mi sono sentito come a casa, come se per me fosse la cosa più naturale del mondo vivere con loro, desiderare la loro vita. Il giorno della mia Ordinazione Sacerdotale, lo scorso 13 novembre, ho ricevuto il dono più grande che un uomo può ricevere. Ero trepidante, emozionato, sentivo il peso profondo della responsabilità che mi veniva affidata, capivo che da quel momento nulla sarebbe più stato uguale. Nonostante l’emozione, tuttavia, tutto mi sembrava normale, quasi come fosse la cosa più logica per me, il normale evolversi della mia vocazione. Lo stupore e la gioia di sapermi amato e scelto da Dio mi sconvolge, la naturalezza della risposta da parte mia al grande amore ricevuto fa si che tutto mi sembri incredibilmente normale. È una strana sensazione… è come se dentro di me qualcosa dicesse: “Perché tanto clamore, non è forse la cosa più naturale del mondo contraccambiare con tutta la propria vita e metterla al servizio della Chiesa per il bene dei fratelli dopo aver ricevuto così tanto dal Signore?!”… “Non farebbero tutti come te, se avessero ricevuto quanto te?”

Come mai hai sentito di divenire Frate e non Prete?
L’aspetto della vocazione francescana che da sempre ho amato di più è la fraternità. Io mi sento profondamente legato agli altri frati, sono la mia famiglia, il mio affetto grande, la mia vita. Non riuscirei mai a vivere la mia vocazione senza di loro, anche se non sempre si riesce ad andare d’accordo, anche se a volte è faticoso per me e per chi sta con me vivere insieme. Ma la fraternità per me è diventata irrinunciabile, parte integrante del mio essere cristiano, francescano e ora anche sacerdote.

Come si svolge la vita al convento Santa Maria dei Monti? Quanti frati ci sono?
Le attività qui in convento sono davvero tante: noi siamo 19 frati, di cui 15 anziani o malati dell’Infermeria provinciale. Infatti qui accogliamo i frati di tutte le marche che hanno bisogno di assistenza e aiuto. Il nostro primo impegno è nei loro confronti. Poi io sono responsabile del personale di servizio (per l’assistenza agli anziani, la pulizia e la cucina) e della casa di accoglienza per gruppi e famiglie. Poi c’è il coro, l’ordine francescano secolare, i gruppi che vengono per una visita al convento o una catechesi… infine dobbiamo provvedere a tutte le necessità della casa, di una struttura che richiede continuamente attenzioni. Cerchiamo anche, per quanto è possibile, di essere di aiuto ai sacerdoti delle parrocchie vicine per confessioni e messe. Insomma, non ci si annoia! Ma, io credo che nella chiesa si annoi solo chi non ha voglia di fare…

Cosa diresti agli adolescenti di oggi?
Pochi messaggi, a dire il vero. Perché “a chiacchierà non è fadiga…” dice sempre mio papà. Ma una cosa importante sì: non sprecate tempo, ogni giorno è buono per amare il Signore, per mettersi al servizio dei fratelli. Ogni occasione è buona per cominciare a mescolare il proprio sangue con quello di Gesù in croce, a spendersi per Lui e per i fratelli… a sporcarsi le mani con questa umanità bisognosa. Siamo troppo preziosi agli occhi di Dio per perderci dietro le nostre stupide pigrizie.

Quali desideri hai per il futuro? Rimarrai a Grottammare?
Unico desiderio: fare la volontà di Dio e essergli fedele. Per il resto si vedrà. Amo molto questo convento, i frati che qui vivono e il servizio che svolgo, non dipenderà da me rimanere oppure no. Me lo auguro, ma nulla è nostro, nemmeno il bene che facciamo, e se i superiori mi chiederanno di trasferirmi, partirò!

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